Dopo il discreto successo ottenuto con l’album d’esordio Hello Hell, nel bel mezzo di un Italia che avanza a suon di indie rock mettendo ben in mostra frangetta e cravatta, il quartetto veneto atterra sul pianeta rock con un nuovo album cattivo e delinquente, Waiting for the UFOs, un album che si trascina ben poco di tradizione italiana, un sound prevalentemente garage-stoner-metalcore che trasuda Stooges e carica di stampo Queens of the Stone age. Il disco apre e chiude con due strumentali tosti di proporzione giurassica e sin dall’inizio si propone di dimostrare di non avere nessuna presunzione di stupire (forse causa degli arrangiamenti classici che non lasciano spazio a nessun tipo di sperimentazione), solo quella di far sudare (e qui mi riferisco al live) mentre la voce irriverente di Alessandra Boeche si scatena e irrompe tra le schitarrate di Iuri Fraresso.
L’assoluta mancanza di fronzoli ed orpelli ingannevoli strizza l’occhio ad un pubblico poco esigente, che predilige energia e spinta, ma il non sforzarsi più di tanto neanche nella ricerca dei riff, non può che costituire un punto debole del disco, che rischia di passare facilmente nel dimenticatoio.
La produzione di Waiting for the UFOs è affidata a Giulio “Ragno” Favero, già al mixer di Red Worms’ Farm, Kelvin, One Dimensional Man, Milaus, Bartok, Vanillina, nonché alla chitarra con One Dimensional Man e alla batteria nei Geyser, che dosa bene nell’album dovuta “botta” e abbastanza equilibrio nel mix dei pezzi. Attenzione a fine disco, un intermezzo vocale di sapore analogico anni 20 che fa da ghostrack…
Autore: Mauro Pietra