Personaggio cresciuto artisticamente all’interno di quella che fu la scena acid-jazz inglese – al principio degli anni ’90 pubblicò su Talkin’ Loud i primi episodi della sua discografia, “There’s nothing like this” e “Music” – Omar torna a far parlare di sé e a distanza di cinque anni da “Best by far” licenzia un nuovo lavoro, il sesto della serie, indirizzandosi verso un suono maggiormente funky rispetto al passato.
Prodotto con molta oculatezza (per la produzione Omar viene affiancato da suo fratello Skratch Professor), “Sing (if you want to)” vive di raffinate melodie vocali (sottolineatura per “Sing”, “I want it” e soprattutto per “Be a man”), arricchite dall’innesto dei fiati e sostenute da gommosi break ritmici o da corpose linee di basso. Nella sostanza siamo di fronte ad un disco nu-soul che segue fedelmente i canoni del genere senza allargarne significativamente i confini e trascurando quindi episodi piuttosto convenzionali come “Kiss it right” e “Get it together”, a mio parere le cose più interessanti si sentono là dove Omar mescola un po’ le carte, come nel capriccio latin-jazz di “It’s so…” o nel rap ciondolante su base digi-funk di “Gimme sum”, pezzo quest’ultimo forte del contributo offerto da Common, Rodney P e Mc Ashman.
Non mancano altri ospiti dai nomi importanti, sebbene i loro interventi non lascino sempre il segno come sarebbe stato lecito attendersi: “Feeling you” scivola via leggera prima che uno si possa accorgere che al microfono c’è niente meno che il grande Stevie Wonder (già voce per Omar su “For pleasure” del 1995), Estelle svolge diligentemente il suo compito in “Lay it down” e Angie Stone (anche lei già collaboratrice di Omar ai tempi di “Best by far”) offre solo un piccolo cameo in “All for me” prima di ritagliarsi un po’ più di spazio all’interno di “Stylin’”.
Autore: Guido Gambacorta