Gli impavidi ex guerriglieri del Sahara, che hanno sostituito i fucili con le chitarre, con “Tassili” pubblicano il loro album migliore. Tuttavia hanno raggiunto finora il loro punto più alto non tanto perché per la prima volta si sono aperti a delle collaborazioni prestigiose (Tv On the Radio e Dirty Dozen Band) ma perché in questo disco, più che negli altri, è presente il nocciolo dell’anima blues, della tristezza.
In “Tassili” c’è meno spazio per le chitarre elettriche che si intrecciano e la coralità, che rendeva i brani più aperti, dando a questi dodici brani una direzione fondamentalmente più introspettiva.
La sensazione che lascia è che questi musicisti si siano spogliati del ruolo di combattenti ed abbiano riportato tutto a casa. La casa nella quale potersi esprimere liberamente in intimità e dove si possono accogliere compagni di viaggio come i vari musicisti coinvolti. Un’intimità che caratterizza queste “desert-songs” nelle quali c’è molto più spazio per melodie avvolgenti ed accoglienti, un sound tondeggiante e meno ipnotico e psichedelico ma più armonico.
Soltanto l’iniziale “Imidiwan ma tennam” è vicina alle produzioni precedenti, tuttavia impreziosita da lievi tocchi elettronici curati da Nels Cline dei Wilco, al contrario di “Tenidagh hegh djeredjere” ed “Iswegh attay”, entrambe molto lente, intime e scarnificate al punto da creare nell’inconscio dell’ascoltatore assonanze con Robert Johnson.
La Dirty Dozen Band presta i suoi fiati in “Ya messinagh”, aggiungendo così al brano elementi jazz e free, anche se permane sullo sfondo un tocco di affascinante tristezza infinita.
Tunde Adebimpe e i Tv On The Radio partecipano a “Tenere taqqim tossam”, nella quale è la band di New York a far quadrare il cerchio recuperando le sue radici, dunque sarà sicuramente molto grata ai Tinariwen.
“Tassili” nell’immediato è meno coinvolgente dei lavori precedenti, ma se si ascolta con la dovuta attenzione, affascina in modo irresistibile e struggente.
Autore: Vittorio Lannutti