Ottavo disco in più di vent’anni a rotta di collo per Musica per Bambini, autore della forma più spinta di crossover che si possa immaginare, capace di frullare qualunque suono e ritmo in maniera talvolta funzionale talvolta pretestuosa ai (mis)fatti narrati, sparati a ritmi vertiginosi, funambolici, dalla ninna nanna fino al trash metal, senza inibizioni.
Talvolta considerato solo un progetto bizzarro o poco più, Musica Per Bambini da vent’anni osserva, smonta e racconta il Mondo da prospettive originali, muovendosi talmente veloce da divenire sfuggente, incompreso, irritante in buona parte a causa della pigrizia e della svogliatezza di chi ascolta musica.
Ed invece parliamo di un racconto ricchissimo di risvolti, carico di umorismo, affilato nei contenuti ed originale, per quanto la difficoltà di stare al gioco, che spesso emerge, possa anche essere comprensibile, tanto è alieno questo progetto rispetto al contesto pop generale.
Discorso a suo modo persino raffinato, quella di Musica per Bambini è in fin dei conti satira, portata avanti attraverso un’ellissi narrativa molto ardita che aggira il perbenismo e la satira classica, disinnescata oggi dalla diffidenza di chi ne è bersaglio ma mangia la foglia e non sta al gioco, rispondendo con violenza e volgarità per non uscirne umiliato.
E così Musica per Bambini sceglie un’altra strada: annichilire il ‘cattivismo’ ed il buonismo, senza distinzioni e con gioioso sadismo alzando i toni all’eccesso e muovendosi su un piano ancor più scorretto, per quanto rischioso; ‘Occhiotristo‘, al riguardo, è una canzone emblematica, che mostra anche l’ottusità, involontariamente comica, della cattiveria.
Del resto il riferimento ai bambini nel nome del progetto, ed il sistematico ritornare nelle canzoni di personaggi e suoni infantili, infrange un tabù, introducendoci alla cattiveria dei bambini, che può essere spietata perché egocentrica e priva di inibizioni.
Ne vengono fuori un’infinità di figure grottesche, parossistiche, caricate all’inverosimile come i cattivi dei cartoni animati, ai quali ben presto affezionarsi dopo l’iniziale sbigottimento, e che si scagliano con allegra ferocia contro tutti, senza intenzione di ripristinare la giustizia, difendere i deboli o altre amenità, ma seguendo istinti bassi ed egoistici, come del resto lì fuori fanno un po’ tutti. Eppure, proprio in quest’ultimo disco, Manuel Bongiorni sembra aggiungere, in sporadici casi, uno sguardo anche diverso, che non ricordavamo e che sorprende. C’è un inedito senso di pena nel finale del viaggio di ‘Marmellano‘, ed una sottile malinconia in ‘Corpo di Mille Corpi‘ e nella solitudine di ‘Il Capo dei Nonni‘.
Come nel precedente disco, anche qui trovano uno spazio importante Medioevo e Rinascimento, sia come riferimento musicale – canto gregoriano, villanella (s)cortese e allusiva, etc… – che narrativo, con una simpatica sit-com tra il feudatario gonzo – Elio delle Storie Tese, ospite di lusso, tra i pochissimi in grado di reggere questo gioco – ed il suo furbo servitore – Manuel Bongiorni – che negli intermezzi del disco decripta il senso dei brani, anche se finito l’effetto sorpresa poi la cosa magari stufa un po’. E l’epoca antica diventa la caricatura della realtà odierna, solo meno ipocrita: un’epoca mitica in cui la legge legittima l’arbitrio, l’abuso e la disuguaglianza senza fingere che non sia così, come invece accade oggi.
Il livello dei brani di Alla Fiera della Fine è piuttosto vario come sempre, con qualche episodio rebus poco convincente nella parte centrale del disco, mentre ‘Cartolino’ con ospite Rocco Tanica, ‘Marmellano’, e soprattutto gli avvincenti, cinematografici ‘Mario Antiorario’ ed ‘Il Temutissimo Vampiero’, sono tra le cose migliori mai uscite dal progetto.
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autore: Fausto Turi