Bubblegum-pop, lollipop-punk… c’è altro saccarosio da utilizzare per parlare dei Loves, e di tutte quelle band che, tra amore, frizzi e lazzi, non si sono ancora resi conto che il 60s pop, per quanto solare e sorridente, è anche una cosa seria, carica di storia, suggestioni, e nomi grossi che se non trattati con rispetto si ritorcono contro con interessi quasi quarantennali.
Oltretutto i Loves – amore a tutto spiano, anche nell’album-title, ma che dobbiamo invocare il peggior rocker a lanciar sputi e bottiglie prima di dare di stomaco? – tirano in ballo un legame (ispirazione? attitudine?) con i Velvet Underground (che di ciò saranno onoratissimi, statene certi) per rendere ancor più “ecumenico” – leggero e vagamente intellettuale – il concept, oltre che per insinuare un po’ di perversa vena rock.
Di VU c’è ben poco, ad ogni modo, se non, appunto, nella variopinta estetica da underground newyorkese di fine 60. Un discreto party, non c’è che dire, ma i dischi il più delle volte si ascoltano a casa e ci sono troppe cose buone in giro per dedicare tempo a una ‘Boom a Bang Bang Bang’ qualsiasi, con i musicsiti che fanno ciao e strizzano occhi ma non gliene frega granchè a nessuno.
Inutile stare a pensare cosa avrebbe potuto essere questo disco, proporre correttivi o quant’altro possa rendere nel futuro appetibile una band come i Loves. Bisognerebbe semplicemente radere al suolo questo edificio teen-pop-rock solo idealmente in assonanza col garage-beat di allora, e appunto già troppo malandato per essere adeguatamente restaurato. Potremmo salvare l’iniziale ‘The Sound We Make Is…’, quasi un esempio di come il sound Elephant 6 possa essere ballabile, o, per gli agiografi, la cover di ‘Rock and Roll’ di Daniel Johnston (altro tentativo per coprirsi le spalle, direi a questo punto). Ma siamo già pronti per cambiare disco, ben prima che, nella conclusiva ‘Love’ (ancora…), si affermi, beatlesianamente e qualora non fosse già chiaro, che ‘love is something you need’. E non sono trascorsi che 5 minuti…
Autore: Bob Villani