La stagione del “quiet sound” è dura a morire. Ne avremo per molto ancora, nel bene (si spera) e nel male, finchè noia non ci separi. Nel frattempo sarà bene contenere ogni coazione a sbadigliare e badare a quanto di buono il panorama indie sa riservarci.
Stavolta si pesca in Finlandia, ma d’altra parte, lo abbiamo visto, dagli uffici della Fat Cat sono arrivati fino in Giappone e Nuova Zelanda – per tacere dello Zaire degli strabilianti Konono No. 1. E’ la terra dei laghi infatti la provenienza di Mauri Heikkinen aka Drowsy. Nome rischioso se avete per le mani un minimo di dizonario – inglese, of course: “pigro, assonnato”, o ancor peggio, “che fa venir sonno”. Ma tant’è, e malgrado “Growing Green“oltrepassi certi limiti fisiologici di attenzione che un’opera di siffatto genere inevitabilmente comporta (inutile che vi dica quale rischio si corre), non siamo affatto dispiaciuti di lasciarci cullare da queste morbidissime – e sognanti, no? – lullabies rurali in odor di space-folk.
Lasciamo perdere le radici, però. Le campagne stavolta c’entrano poco, o comunque meno di quanto non abbia pesato, nell’ispirazione di Mauri, il beato isolamento della taiga finnica. E’ un disco folk, se proprio insistete, ma che prescinde dai luoghi comuni cui il folk ci ha abituati, andando tanto ad imbucarsi nell’oscurità di un minimalismo esasperato quanto nella distorta “catarsi” elettrica del finale di ‘Bright Dawn’. Ciò che non basta, tuttavia, a strapparci dal senso di quiete indotto dalle carezze sonore di cui questo disco è pieno. Sconsigliatissimo in autoradio, chiaro, ma è proprio il fragore quotidiano la molla per cercare un disco del genere. “Need some rest”, vi pare?
Autore: Bob Villani