Dopo Jukebox (2008) e The Covers Record (2000), ben 14 anni dopo arriva un terzo album di covers per Cat Power, al secolo Chan Marshall, cantante, cantautrice, musicista e produttrice di straordinari successi.
E’ chiaramente un debole quello di Chan per le cover: ma è anche un talento, perché come dice la rivista Pitchfork a proposito di questo ultimo disco, “Chan potrebbe riarrangiare qualunque brano anche solo guardandolo”. Ed in effetti sono vere e proprie rivisitazioni, nuove scritture di pezzi originali, quello che Cat Power mette in scena in questo disco. Abbiamo brani di Frank Ocean, Bob Seger, Lana Del Rey, Jackson Browne, Iggy Pop, The Pogues, Nick Cave, The Replacements, nonché una chicca, una nuova versione di Hate che viene qui appositamente definita Unhate.
Va ricordata anche la cover di White Mustang di Lana del Rey, seguito di una collaborazione iniziata col disco precedente, Wanderer, per il quale Lana aveva duettato in Woman.
I’ll be seeing you, cover di Billie Holiday, è invece anche un omaggio al collaboratore Philippe Zdar, con cui Cat aveva lavorato per Sun, venuto a mancare tragicamente nel 2019. “Quando le persone che ami ti vengono portate via, c’è sempre una canzone che la tua mente assocerà al loro ricordo”, rivela l’artista. “È una conversazione con chi sta dall’altra parte, e per me è importantissimo portarla avanti, continuare a sentirli”.
Impreziosisce, infine, l’edizione limitata la cover di You Got The Silver degli Stones, un regalo preziosissimo che Cat Power fa ai fan davvero affezionati.
La scelta di autori così diversi, dal folk irlandese dei Pogues a quello americano di Bob Seger, dal punk di Iggy pop al country-rock di Jackson Browne, dalle canzoni al femminile di Lana del Rey e Kitty Wells a Nick Cave e Billie Holiday, è evidentemente strategica: permette a Cat Power di districarsi tra lo swing-jazz di Bad Religion e White Mustang al blues spinto di Endless Sea, dal rock psichedelico della versione di I Had A Dream Joe o di Against the Wind, al soul di A Pair of Brown Eyes, dal dreampop di These Days al rock alla Patti Smith di Pa Pa Power, fino al country di It Wasn’t God Who Made Honky Tonk Angels.
In tutti i casi, in tutte queste scelte, Cat Power si diverte a prendere l’artista di riferimento, e il suo genere ispiratore, e rovesciarlo in un completamente altro, sguazzando fra generi e sottogeneri e mostrando così ancora una volta la sua caratteristica principale, con cui si è costruita una gloriosa carriera, che è quella del polistrumentismo e della duttilità musicale.
Ed è davvero fantastico seguirla in queste danze fra un autore all’altro, tutti omaggi solenni alla musica e alle sue mille e mille finestre e sfaccettature.
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autore: Francesco Postiglione