Vittime dell’essere autori di uno degli indiscussi capolavori (almeno recenti) della produzione, vale a dire “Let Go Ego”, il gruppo di Amuri Cambuzat, dopo l’alterna parentesi di “Nouvel Air”, in cui si giovò di Egle Somacal (già Massimo Volume) e dei suoi evocativi riff di chitarra a base di delay, portano in un tour fitto e capillare il loro ultimo lavoro: “Rodeo Massacre”.
Anche loro, in fin dei conti, al massacro, in pasto come sono di un circuito indie mai abbastanza generoso nei loro confronti.
Ed è proprio da martiri dell’indie rock che la loro esibizione (preceduta da quella dei El-Ghor, gruppo di ispirazione post-rock di gran belle speranze), risulterà tirata, spossante e fulminea nei tratti migliori, vale a dire dalla metà in poi, smaltita qualche incertezza su pezzi nuovi non ancora messi a punto o, è il caso di sbilanciarsi, non abbastanza incisivi.
Invece la vera faticata emozionale comincia con “La Femme Cannibale”, su disco con Emidio Clementi, ma altrettanto coinvolgente nella versione live, e continua invigorendosi ulteriormente con “La Joveuse De Tambour” e “Nous Violence”, per poi stroncarsi d’improvviso, ma solo momentaneamente, quando si ricomincia con piccoli pezzi di metallo percossi, piatti rotti, accordi sguaiati di hammond, chitarre cariche di tremolo sbattute in terra: è l’ intro di “Ego:Eco”, dionisiaca cavalcata noise senza soluzione di continuità, dalla compattezza diabolica. E’ incedibile come una formazione di chitarra, basso, batteria sia in grado di ottenere una pasta sonora così strutturata ed omogenea.
E’ questo ipnotico supplizio la breccia verso una sicura estasi. Estasi di Santa Lucia, visto che parliamo degli Ulan Bator.
Autore: PasQuale Napolitano