Love You to Bits scritta insieme alla canzone che sarebbe diventata il classico dei No-Man Lighthouse ha incanalato l’energia elettronica così magnificamente catturata di Flowermouth. Ma con i primi tempi di No-Man esattamente in Bowness e negli specchietti retrovisori di Wilson, la canzone non ha mai seguito le indicazioni del duo dopo Wild Opera. “Love You to Bits” era una curiosità della tradizione di No-Man, una reliquia di un’epoca in cui la musica del duo si basava su ritmi campionati e intricati loop di sintetizzatori.
Ben 11 anni sono trascorsi dall’ultima volta che No-Man hanno pubblicato un disco in studio, ma quel lasso di tempo e la realizzazione completa dell’album a gesti lunghi appare come una raffica di nuova vita per Bowness e Wilson.
Il disco è suddiviso in due brani “Love You to Bits” e “Love You to Pieces”.
Love You to Bits riporta lo spettatore indietro nel tempo ai primi anni di No-Man come band, quando scrivevano musica su cui potevi ballare. E non è tutto: un assolo di chitarra tagliente in “Bits” e un assolo di organo elettrico in “Pieces” rappresentano alcuni dei brani più dinamici di Bowness e Wilson come gruppo. Un riff di chitarra nella terza parte di “Pieces” riporta alle parti di chitarra di Wilson su Wild Opera.
Ovviamente il disco non è frutto di un lavoro da indulgenza nostalgica. Per ogni tamburo martellante a quattro punte e lo scintillante sintetizzatore, c’è una pausa strumentale altrettanto introspettiva o un testo di Bowness che immerge Love You to Bits in un atmosfera meravigliosamente malinconica. Un po ‘come il capolavoro della band, Together I’m Stranger, Love You to Bits ingrandisce i sentimenti che sorgono dopo lo scioglimento di una relazione. Ma qui, Bowness adotta un approccio polivocale, cantando le prospettive di entrambe le parti nella relazione. Il ritornello chiave di tutto l’album consiste in nient’altro che tre semplici parole: “I LOVE YOU.
Si susseguono via via i paesaggi musicali contrastanti di Love You to Bits, in cui uno strumentale elettronico lascia il posto a una triste melodia con la ripetizione di “I Love you” di Bowness. A sottolineare come queste parole cambiano e si evolvono come una coppia, soprattutto una volta terminata la relazione. Alla fine, esse assumono un effetto quasi spettrale.
No-Man, come spesso accade, equilibra sapientemente la complessità musicale con la profondità emotiva, con i testi poetici di Bowness che indicano dettagli specifici ed emozioni che prendono vita nei synth scintillanti e nei groove veloce che compongono gran parte di Love You to Bits. No-Man non ha mai messo a segno un brutto disco e Love You to Bits non fa eccezione.
L’idea era quella di creare qualcosa di simile a un’epopea laterale o un album completo e il Target è pienamente centrato. L’album è pieno di queste permutazioni e contrasti. A volte ha battiti pungenti e in altri momenti ha un senso quasi beato di rilascio atmosferico.
Inizio carriera erano in tre Bowness, Steven e un violinista di nome Ben Coleman. Suonavamo senza supporto. C’era un grande contrasto tra l’umanità dei tre interpreti e le basi musicali. Per Love You to Bits suonano in quel modo spezzando momenti con intermezzi di beati, rilasci acustici che sono al 100 percento più che mai presenti.
http://no-man.co.uk/
https://www.facebook.com/nomanofficial
autrice: Rosita Auriemma