Quando credevamo di averla finalmente fatta franca, ecco che invece sembra non placarsi oltremanica l’onda del new acoustic. Da intendersi in senso lato: basta non fare troppo rumore e non avere troppi grilli per la testa, tipo Movietone (quantità imbarazzante di strumenti) o u.n.p.o.c. (concezione atemporale e “smondanizzata” dell’adolescenza accompagnata da bizzarrie identitarie). Nossignori, Tompaulin avranno anche la testa per aria ma i piedi sono ben saldati al terreno. Ci tocca un altro disco carino, onesto, pulito. Buonismo sonoro in quantità, di quello che ti fa sedere a terra a un loro concerto ad ammirare la tenerezza di Jamie Holman, una delle due voci di questo sestetto (l’altra è Stacey MacKenna, così da mettere d’accordo maschietti e femminucce).
Poi ci sono i due video inclusi nel package, magari suggestivi ma privi di senso nella loro decontestualizzazione rispetto al brano che accompagnano. Una strumentazione discretamente varia come potenziale arma per tenersi al di sopra della media qualitativa del genere (e anche per creare una differenza che però non si riscontra). E, nocciolo della release, i 12 brani, campionario da fiera di albionica sensibilità: bella melodia, bel canto, finanche qualche feedback chitarristico (‘Wedding Song’ – siamo albionici, appunto). Brani che non sono nati come album-tracks ma che sono la raccolta di ciò che la band di Blackburn ha pubblicato in maniera sparpagliata tra il 1999 e il 2002 (e ora la Track & Field investe su di loro e questi brani sono disponibili tutti insieme – la melassa continua a scorrere…). Brani che, nella migliore delle ipotesi, suonano come dei Galaxie 500 in abito da prima comunione, o come dei Belle & Sebastian pre-fama planetaria, o ancora come dei Movietone (ancora loro) più intelligibili e solari. Dovrebbero esserci Jim Reid e Ben Lurie (Jesus and Mary Chain) al lavoro con loro sul prossimo disco, ma questo, per il momento, non ha nulla a che vedere con la mia firma sotto una buona recensione…
Autore: Bob Villani