Snowdonia è, insieme a Wallace, l’etichetta di cui non posso fare a meno di parlare quando ne recensisco le uscite. Merito di chi riesce ad affermare – e non solo grazie ai musicisti accomunati da “quel” nome – un’estetica singolare o facile suggestionabilità di chi scrive? Non potendomi permettere un’analista, il quesito resta più che mai aperto. Intanto cercherò di darci un taglio visto che le due etichette in questione non sembrano intenzionate a far cessare le loro “trasmissioni”. Che, nel caso in specie, vanno col tempo differenziandosi l’una dall’altra, lasciando peraltro svanire un’idea che, anche se approssimativamente, sembrava già data per “cristallizzata”.
Hic sunt Plozzer, adesso. Cosa occorre per definire “domestico” il loro approccio/utilizzo dell’elettronica? Eppure questa è l’immagine che ho di loro: privi di una fisonomia ben precisa – ormai annullata dalla loro stretta simbiosi con le macchine –, ferocemente accaniti sui loro software, con gli sguardi allucinati dalle emissioni luminose dei monitor nel buio perenne (anche quando è giorno – persiane e tende ben serrate), le orecchie “incavernite” dalla sovraesposizione ai loro stessi suoni, l’irruenza che, anziché sopirsi col dilungarsi delle session, spinge verso risultati massimalisti. Un quadro che non incornicerei però in una dimensione da “incubo”, ma in quella del cazzeggio, dello “smanettamento” da dilettante-ma-posso. “Full Speed in the Wrong Direction” è questo: un frenetico brulicare di electro, drum’n’bass, samples che sbucano all’improvviso (senza un’apparente logica ma senza neanche, dal canto nostro, sapere che altro ci avremmo piazzato lì…). Attitudine “caterpillar” che non “osa” rallentamenti di battuta (se non in ‘What We Did in Our Holidays’) né estremizzazioni para-intellettualizzate (non sarebbe uscito per Snowdonia – e ddagli…). Pop art elettronica, ma senza pretese. Allora, la finiamo ‘sta session…
Autore: Roberto Villani