Disco della rinascita? Disco della maturità? Disco della consapevolezza?
Potrebbero essere tante le attribuzioni per “Other You” (Matador), il disco con cui Steve Gunn dimostra di aver perfettamente assimilato e interiorizzato tutta la lezione proveniente dai padri del cantautorato folk di matrice “alt” e non solo…
Apre il “Other You” il brano eponimo che traccia immediatamente le direttrici con la sua miscellanea di “tradizione” e di psichedelia californiana culminanti nella coda finale che rievoca, nelle digressioni di sottofondo, il Robert Wyatt più ispirato.
“Fulton”, con i suoi “ostinati”, il suo cantilenare e la sua chitarra in destrutturato assolo, conduce alla retrò “Morning River”, brano che potrebbe tranquillamente essere inciso sul side A di un vecchio 45 giri di fine anni sessanta, con side B di spessore destinato alla bella “Good Wind”.
“Circuit Rider” è ballata dagli esteri pop mentre, superato il suo incipit (che torna come tema in corso d’opera), “On the Way” diventa bucolica narrazione prima che elettriche “abrasioni” conducano l’ascoltatore verso accenni di acida esperienza che si sublima nelle visioni da west coast di “Protection”.
“The Painter” parrebbe essere uscita dalla “penna” di Jim O’Rouke, nel gusto per i ritmi latino americani deviati in chiave indie.
La strumentale “Sugar Kiss” è caleidoscopico esercizio di forma, mentre “Ever Feel That Way” congeda un lavoro in cui ogni cosa suona esattamente al suo giusto posto, grazie anche alla partecipazione di ospiti più che illustri tra cui Juliana Barwick, Mary Lattimore, Bridget St. John, Jeff Parker, Bill MacKay, Ben Bertrand …
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autore: Marco Sica