La compilation: pratica, duttile e maneggevole, sbrigativa, politically correct e adatta a tutti, soprattutto agli amici più esigenti e alla ragazza/o che volete conquistare, buona in casa, in auto, nel latte o col caffé o davanti ad una tazza di tè.
La compilation: distinta in attiva e in passiva, la prima made by yourself, la seconda comprata bella e fatta!
La compilation: ascolti un pezzo come “Lament for a dead computer”, esci pazzo, corri come un dannato speranzoso verso il negozio di dischi dietro casa e chiedi al negoziante: – “Ti trovi per caso l’ultimo dei Furry Phreaks?”, ma già sai che egli risponderà: – “E chi è?!”
La compilation che dà un valore aggiunto al tasto “skip”;
La compilation: parli con un tizio che ne sa più di te di musica, cerchi di stare al suo livello, ma sei in difficoltà, soprattutto quando gli ti chiede: – “Hai mai sentito parlare di Larry Heard?” – E tu sei sempre pronto a rispondere: – “Dovrei trovarmi un pezzo su qualche compilation!”
La compilation come pass par tout: – “Cosa ascolti di bello?” – Risposta: – “Una compilation!”
Di volta in volta riscopro il valore delle compilation portatrici di conferme e garanzia di sempre nuove rivelazioni. Grazie a loro sono riuscito a scoprire la gente più assurda che fino a qualche minuto prima non sapevo neanche che esistesse, e immagino che sia stato così almeno una volta nella vita per tutti.
Le conferme: i 2 Lone Swordsmen che non ero mai riuscito ad approfondire; dopo aver ascoltato “Rico’s Helly” ce li ho fissi “a manetta” nell’autoradio fino a scopo ultimo consumarlo totalmente il CD. Oppure Jan Jalinek, che descrive il suo “Favourite shop” con vibrazioni appena percettibili collocate su di un feedback estremamente voluminoso e ansiogeno d’effetti e loop.
E che dire dei prodi Tarwater? Buoni come il pane, intramontabili e sempre adatti in qualsiasi situazione in questo caso con una breve ma intensa “Somewhere”.
Menzioni speciali: i 10 minuti sublimi di jazz-ambient di “Lobster” by Red Snapper; I synth dal sapore vintage dei Wahoo in “Drawing from the roots”; le percezioni minimali di Ezekiel Honig in “More Human than Human” e infine gli A Racket in Dub, che con il loro mix dub-dance-electro di “Rocket nr. 3”, hanno una volta per tutte rigenerato le papille gustative del mio lettore CD!
Al lettore più curioso lascio scoprire il resto, mentre chiedo parere affermativo alla censura, ma il napoletano qui ci sta tutto: guagliù accattateve ‘sta compilescion!
Autore: Luigi Ferrara