Per il sesto album in studio firmato con la sigla Baby Woodrose, Lorenzo Woodrose chiude il cerchio e ritorna alla stessa formula del 2001 quando il nome della sua fantasiosa creatura sonora apparve per la prima volta sulla copertina di un album, “Blows Your Mind”. E cioè realizza tutto in perfetta solitudine, suonando quasi tutti gli strumenti da sé con il solo ausilio del produttore Johan Gellett. Il risultato non si discosta molto dai dischi precedenti: il songwriting di Lorenzo Woodrose, il suo stile chitarristico e la sua voce evocativa sono ormai un marchio di fabbrica che rende inimitabile il sound dei Baby Woodrose. Arrivato alla sesta prova in studio, forse è proprio questa riconoscibilità a rappresentare l’unico limite di una formula sonora intrigante, ma che difficilmente cambia da disco a disco. “Baby Woodrose”, da questo punto di vista, prosegue nel solco dei lavori precedenti con una manciata di brani (12 in questa raccolta di canzoni) che si alternano tra ballate elettroacustiche di grande fascino ed episodi più incisivi e grintosi. La qualità dell’album è comunque fuori discussione, così come la capacità di scrittura e di arrangiamento di Lorenzo. Il disco si apre con “Fortune Teller”, un classico raga-rock con riff circolari, cori e un ritornello ipnotico. Sulla stessa scia è pure la successiva “Take It”, mentre “Open Up Your Heart” dilata le trame sonore e si spinge sui territori di una psichedelica immaginifica. Mentre “Emily”, che Lorenzo Woodrose giudica la canzone più “commerciale” che abbia mai scritto, è una bella ballata elettroacustica, non dissimile da altre presenti sui dischi che hanno preceduto questo eponimo Lp. Con “Laughing Stock” i ritmi tornano a essere più marcati e le chitarre contundenti, “Countdown To Breakdown” è un’altra ballata ricca di suggestioni e visioni lisergiche, in “Changes Everywhere” chitarra elettrica e acustica creano un’atmosfera ricca di magia. E’ ancora una malia elettro-acustica a emergere dai solchi della splendida “Hollow Grove”, mentre “No Mas” mette nuovamente in luce l’anima più aggressiva, intrinsecamente garage-punk, dei Baby Woodrose con i cori che sottolineano i potenti riff di chitarra. Tra i pezzi più riusciti dell’intero lavoro è “Mikita”, altro episodio elettroacustico in cui aleggia lo spirito di Arthur Lee (Love), mentre “Scorpio” è pura psichedelia, liquida e sognante, e la conclusiva “Secret Of The Twisted Flower” una lunga cavalcata lisergica. Se conoscete già Baby Woodrose sapete già cosa aspettarvi da questo album. In caso contrario avvicinatevi senza timori al rock psichedelico della (one man) band danese: potreste rimanerne incantati.
Autore: Roberto Calabrò