Questo bel disco di rock americano è nato a Manchester (UK) dall’italianissima ispirazione di Sergio Bertolino, nato a Reggio Calabria. Dopo aver composto i brani e scritto i testi è tornato in Italia e si è rivolto a vecchie conoscenze come il bassista Tony Guerrieri, il batterista Francesco Magaldi, i chitarristi Lucio Filizola e Giuseppe Bruno per registrarli. Tutto il disco ha un occhio di riguardo per la melodia; il cantato pulito, intenso e variegato sa come trasmettere emozioni, sontuosamente accompagnato da strumenti che si alternano a disegnare linee musicali molto belle; anche il basso si esprime in gustose melodie senza limitarsi a dettare il ritmo. Le canzoni, pur mantenendo un cipiglio nettamente rock, si dividono in brani più lenti e malinconici stile Afghan Whigs e brani più “canonici” e seminali che riconducono ai Rolling Stones.
A Prayer è molto intensa con un bellissimo assolo di chitarra, Stay away e Doubt accennano un ritmo funkeggiante, ma è la finale Song for the Forgotten One con il suo grido di dolore a meritarsi le mie preferenze. I testi parlano di vari argomenti come di un amore appena sbocciato (nel singolo Our garden) e della sua fine (The Usual Blues), di noia (The Most Sublime) e più in generale di sani sentimenti e di follia.
Ecco come lo stesso Sergio Bertolino presenta il suo disco: “Nel Gorgia di Platone, Socrate dice che l’essenza del desiderio sta nella mancanza. Tutto quello che esiste si muove perché ‘desidera’, ossia ha una mancanza. Tale mancanza io la chiamo Vuoto. È grazie ad esso che desideriamo e quindi viviamo; quindi il Vuoto non va demonizzato o scacciato bensì amato ed apprezzato. ‘Enjoy the Void’ significa proprio questo”.
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autore: Claudio Prandin