Se i Marlene Kuntz sono alla deriva irreversibilmente pop e gli Afterhours preferiscono dedicarsi altro, mentre restiamo in trepidante attesa per un nuovo lavoro di Umberto Palazzo e del suo Santo Niente, possiamo rincuorarci con gli Spigo, noi appassionati di rock italiano che sa guardare al noise Usa con personalità e grande professionalità. Gli Spigo arrivano dopo che in Italia è abbondantemente terminata l’ondata del “nuovo rock” e quindi possono essere tacciati di essere fuori tempo massimo, ma dall’altro lato se ultimamente assistiamo a molte reunion più o meno improbabili e patetiche (tanto per restare in tema di indie-noise, chissà cosa saranno in grado di fare i riuniti Smashing Pumpkins, per non parlare dei Rage Against The Machine), allora perché non dare la giusta attenzione a chi prova a ricordarci i fasti del noise italiano semi-esistenziale? Si, è vero gli Spigo, da buoni esordienti, sono ancora acerbi, ma non lo sono meno di tante next big thing inglesi, come sempre eccessivamente pompate. Con gruppi come gli Spigo togliamoci un po’ di disincanto e lasciamoci andare a quelle belle chitarre volteggianti, ai ritmi serrati e a quelle tensioni che nascondono un’aggressività che non sempre riesce ad emergere. D’altronde non fanno altro che del sano e buon rock. It’s only rock’n’roll, but I like it.
Autore: Vittorio Lannutti