Jimmie Dale Gilmore ed i Wronglers ci offrono con questa collaborazione una porzione di 13 brani di country music americana tradizionale suonata in maniera filologica, senza concessioni commerciali ma anche senza il grossolano orgoglio bovaro che talvolta rovina dischi del genere, fatti di classici country e bluegrass, tradizione blues e folk britannico, con tanta voglia di narrare storie cariche di vita pura: tradimenti, amori contrastati, inseguimenti a cavallo, vagabondi, ritorni a casa, guerra e fantasmi.
Jimmie Dale Gilmore è un cantante country texano attivo dagli anni 70 con i Flatlanders e poi da solista, che ha iniziato a pubblicare dischi però soltanto nel 1988, ed ascoltandolo vengono alla mente per lo stile e per il rigore country i grandi classici a seconda dei casi più o meno nashvilliani come Merle Haggard, Doc Watson, Willie Nelson e Waylon Jennings, mentre i Wronglers sono una band country californiana di 6 elementi – tre donne, 3 uomini – capitanata dal banjoista e cantante Warren Hellman; con Heirloom Music affrontano 14 classici e traditionals acustici per un disco senza alcuna concessione pop, e dunque probabilmente poco interessante per chi non apprezza questo stile narrativo piuttosto impostato che tuttavia è un importante pilastro della cultura americana degli ultimi due secoli.
Ballate sentimentali dal lirismo e dai modi davvero dei tempi andati, come la splendida ‘I’m Thinking Tonight of my Blue Eyes‘ dell’ormai dimenticatta Carter Family, la classica e rassicurante ‘Time Changes Everything‘ di Tommy Duncan (1940), poi la nostalgica ‘I Wonder where you Are Tonight’ di Porter Wagoner, s’alternano a fughe bluegrass hillbilly come ‘Way Downtown’ di Doc Watson, ‘Uncle Pen‘ (1956) di Bill Monroe, ed a country tradizionali narranti di giovani che tentano la fortuna della vita con alterne vicende, tipo le murder ballad della gelosia intitolate ‘Leavin’Home‘ (1904), più conosciuta per la verità come ‘Frankie & Johnny‘, ed ‘In the Pines‘, più famosa come ‘Where did you Sleep Last Night‘, o il brioso traditional cantato nella storia da tutte le leggende del country anni 50, intitolato ‘Columbus Stockade Blues‘, ed il tipico fatalismo intriso di pietà per l’uomo di Woody Gouthrie in ‘Brown’s Ferry Blues‘.
Un disco come si scriveva più su probabilmente inadatto a chi non apprezza il genere e può trovarne grottesca l’espressività sopra le righe, lo stile maturo e palesemente fuori dal tempo, e tuttavia Heilroom Music non è un lavoro compassato, ed in esso è possibile ritrovare quelle radici che tanti artisti anche moderni hanno ispirato. Magari aggiungervi però qualche composizione moderna avrebbe potuto giovargli.
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autore: Fausto Turi