In “Londra zero zero: strade bastarde, musica bastarda”, il saggio dedicato alle scene musicali londinesi Asian underground, 2step, grime e dubstep pubblicato di recente da Agenzia X, l’autore Lorenzo “Fe” Feltrin così introduce la fondamentale figura di Kode9, boss dell’etichetta Hyperdub: “Kode è scozzese, di Glasgow, da ragazzino si prese la malattia della jungle e da allora si occupa di applicare all’elettronica i suoi studi in filosofia. Al momento insegna alla University of East London. Mentre faceva il PhD alla University of Warwick entrò nel Ccru, un collettivo molto eterodosso di teorici che studiavano le subculture legate ai nuovi media, in particolare rave e afrofuturismo, usando strumenti concettuali derivati da situazionisti e Deleuze-Guattari. A fine ’90 si trasferì a Londra e iniziò a fare il DJ a Forward su Rinse FM. Nel 2001 fondò il blog/fanzine Hyperdub, pieno di interviste a gente dell’underground londinese. (…) L’Hyperdub come etichetta nacque nel 2004 (…)”. E qualche pagina più in là viene riportato in traduzione italiana l’estratto di una recente intervista rilasciata da Kode9 a Wire: “Penso che il suono abbia sviluppato una nuova direzione. Invece del senso di dannazione incombente che persiste ancora in certi produttori, le ultime cose sembrano essere arrivate dopo un’esplosione nucleare, in cui ogni cosa è stata colpita dalle radiazioni, è leggermente mutante, e brilla di colori bizzarri. Tutto viene visto attraverso queste lenti verdi o arancione, tutto luccica di questo colore tossico. Ci sono delle melodie molto dolci, ma si sente anche che in loro c’è qualcosa di malsano, perché non sono umane… Non sono fredde ma hanno qualcosa di alieno.”
“Tutto luccica di questo colore tossico”… “Blood orange“, potremmo dire citando il titolo di uno dei pezzi di Kode9 inclusi in questo DJ-KiCKS.
E queste radiazioni mutanti attraversano tutta la scaletta, poiché le ritroviamo nelle bolle metalliche che rimbalzano tra le pareti di “Ill blu” di Bellion, nel funk nervoso di Ikonika e della sua “Heston“, nei graffi di Terror Danjah su “Stiff“, nei bagliori sull’asfalto bagnato catturati da Digital Mysticz in “Mountain dread March“, nel tribalismo metropolitano di Sticky e della sua devastante “Jumeirah riddim sequel“, nel soul che Zomby discioglie tra le volute noir-dub di “Spiralz” e di “Godzilla”, nell’ipnotico rotolio di “Footcrab” a firma Addison Groove, nel trip-hop febbricitante di Rozzi Daime con “Dirty illusions“, nel cielo color amianto con cui Ramadanman ricopre la jungle ipercinetica di “Work them“.
A differenza di altri Dj-KiCKS, volti a raccogliere influenze sonore, ascolti disparati, passioni improntate all’eclettismo e chicche pescate da un passato più o meno recente, questo mix allestito da Kode9 rappresenta il “qui ed ora” dell’universo grime e dubstep. Un’ulteriore testimonianza da affiancare all’imprenscindibile compilation dello scorso anno “Five years of Hyperdub”. La fotografia in movimento dei marciapiedi londinesi scossi in profondità da bassi selvaggi.
Autore: Guido Gambacorta