Intanto l’attacco di “Rustling” a capo di disco, farebbe di certo impallidire i Mercury Rev, il pezzo poi si appoggia su un’articolata treccia d’archi e poi si ritorna a lievitare nelle prossimità dei deliri del “Trovarobato sound” già da “Pink Clouds over the Semipapero”, dopodiché vi aspetta l’imprevisto laddove lo cercate. Alberto Mariotti fa parte della nostra primavera, intesa da una parte come genuina e “vivaldiana”, in altre parole autentica fioritura italiana indie-rock per la quale il 2010 è stato un anno eccellente.
In secondo luogo, primavera intesa direttamente in senso calcistico dato che il pistoiese dalle belle speranze è appena venticinquenne e “The Halfduck Mystery” è un mezzo miracolo.
L’album è ispirato e di carattere a dispetto di qualche stratagemma sixties che riporta al revival del revival dei giorni nostri, tuttavia in contrasto con certe mode o sapientemente cesellata di dottrina “dylaniana”. Ed ecco che quindi mentre mezzo mondo spara frottole pop, che poi grazie alla complicità della stampa rivende come psichedeliche, dall’Italia delle produzioni a costo limitato, si riparte finalmente da un suono piuttosto elaborato che rievoca il blues, elemento primario della musica psichedelica pur se non in senso assoluto, eccentrico come quello di Barret o ostico come i Pere Ubu di Dave Thomas e ornato di cangiante strumentazione registrata in presa diretta. A
ddio quindi all’unione ingessante strofa/ritornello, Mariotti lascia pochi punti di riferimento, quelli che idealmente sostengono l’album, tutto il resto è da ascoltare e scoperchiare.
Autore: Luigi Ferrara