Ecco un disco che comincia a brillare dopo qualche ascolto, e non subito in maniera folgorante; poi, però, finisce che ci gironzoli intorno, incantato come fanno le zanzare con la lampadina. Il mio giudizio su questo secondo album del gruppo australiano di Melbourne – formatosi nel 1995 e giunto al debutto nel 2001 con il misterioso e poco distribuito “Wires” – è mutato col tempo e con gli ascolti ripetuti, e devo dire infatti che non è un’opera semplice, questo “Second Storey”.
Pur trattandosi infatti di brit pop (la musica ‘tenerona’, per certi versi, più semplice del mondo; gli A.oF. hanno appunto scelto di accasarsi presso un’etichetta britannica specializzata come la Bella Union) vi si trovano riferimenti e sfaccettature sorprendenti, coinvolgenti fino in fondo. Coldplay, Divine Comedy, Broken Social Scene, Devics le pietre di paragone, con una emotività – badate bene – che ti avvolge e ti prende in ostaggio, come dicevo, solo dopo qualche ascolto.
Non mancano nemmeno richiami neo folk e progressive, ma con gli Art of Fighting è tutto difficile da spiegare a parole e le melodie vocali di Ollie Browne sono soffici e calamitanti.
Curioso che sul booklet non sono neanche citati i nomi dei componenti del gruppo.
Il disco è prodotto da Tim Whitten e desta curiosità già dalla immagine di copertina, carica di desolazione e molto profonda per quelle case inaccessibili per chi stà fuori, ma anche a prova d’evasione per chi c’è dentro… una metafora, forse, della nostra condizione umana.
Autore: Fausto Turi