Giunti al loro quarto lavoro The Defectors, danesi di casa alla Bad Afro, colpiscono nello spazio garage atemporale con Bruise And Satisfied: 13 brani davvero stupefacenti per violenza espressiva. Mort Harder (vocals), vocalist potente e crudele, Krist Western (guitars), Martin Budde (farfisa organ) e co. adottano nei primi sette brani una penetrante estetica horror non certo nuova in questo genere. Ciò che colpisce é la convinzione e l’autoironia con cui ripropongono con darkissima ottica b-movie (dopo il grezzo intro cinematografico/recitato “Welcome All Sinners” degno di uno Screaming Lord Sutch, livido del theremin di Budde). Sono storie di morti tragiche e violente, di zombies resuscitati assetati di sangue e di vita, che non ne vogliono sapere di trapassare definitivamente. I brani di maggior spicco sono “Creepy Crawl”, “Dancing Ghouls”, “Bruised and Satisfied”, “Resurrection”, “I Want Blood”, “The Final Thrill”.
Il suono é denso e i riferimenti sono prima di tutto i Fuzztones di “Lysergic Emanations”, le cui atmosfere paludose e criptiche riemergono in più di un’occasione; poi la voce torbida e viziosa di Mort Harder pare affondare il coltello nella ferita incarnando un Rudi Protrudi dai toni ancor più assatanati, ben coadiuvato dai cori di Hell-Eye (bass) e M.Budde. Ma come non far notare che le tastiere goticho/criptiche di Martin Budde (in alcuni casi l’intero sound in generale!) conferiscono più di un tocco Stranglers? Che in WFinal Thrill” (in odore di spaghetti western), lenta e percorsa da una fascinosa armonia colma di ineluttabilità dal theremin inquietante di Budde, e dai brividi timbrici di Krist Western, rivive un pò dello psychobilly crepuscolare dei Cramps.
Nella notturna e malata “I Want Blood” Harder pare addirittura ispirarsi al Tom Waits più arruffato e decadente: una zombie-ballad strappalacrime bruscamente interrotta dall’assalto alla baionetta di “Gettin’ It On”, primo di sei brani che sancisce la seconda parte di “Bruised and Satisfied”, rigorosamente secondo lato della versione in vinile.
The Defectors continuano da qui sino alla fine a galvanizzare la parte più ‘raw’ e ‘wild’ della nostra psiche. Brani eseguiti con la costanza perforante di un martello pneumatico, performances all’insegna del garage-punk più brutale e misogino che si possa immaginare: sì perché titoli come Love Is Evol, Fuck You ‘Cause You’re Lookin’ Good, Baby When You’re Gone, Lose It parlano chiaro dandoci un quadro non proprio idilliaco dei rapporti con l’altro sesso.
In più dei riffs all’unisono semplici, secchi ma cattivissimi, e rabbia cieca – in Lose It e Gettin’ It On, You Better – sembrano quasi dei Troggs del nuovo millennio inaciditi e ben shakerati con la seminale essenzialità garage dei Sonics.
Ciliegina sulla torta il fuzz di Kris Western, schiavo per l’intero disco della prepotenza cinica di Mort Harder, sembra impazzire nella finale “Baby When You’re Gone” (che ha un refrain corale degno di un hit garage dei ’60), esce allo scoperto tra le urla isteriche di Mort disegnando un memorabile solo minimale che naufraga genialmente in allucinate distorsioni nella breve ripresa finale del brano.
The Defectors rappresentano quanto di più trash, virulento e shoccante possiate trovare nel panorama internazionale del moderno garage.
Autore: Pasquale Boffoli