Attesi con passione dal pubblico mediamente giovane che li segue, ma attesi anche al varco da quanti in Italia il successo all’esordio, specie se sei giovane, non te lo perdonano – lavorandoti sistematicamente ai fianchi ma finendo poi per fare sempre, così, involontariamente, il tuo gioco – torna Lo Stato Sociale con un disco in cui si riconoscono bene gli aspetti della musica del quintetto electro pop bolognese, senza grosse novità se non un maggiore ordine ed una maggiore qualità media nell’arco dei 14 brani, e qualche interessante esperimento reggae – bella ed innocente ‘La Musica non è una cosa Seria‘ – e ska – simpatica ‘Forse più tardi un Mango Adesso‘ – o cantautorale in senso più classico, tipo ‘Te per Canzone una Scritta Ho‘, che smaschera ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, l’influenza più o meno cosciente che Vasco Rossi ha avuto sulla generazione attuale dei musicisti emiliani, anche indipendenti; e soprattutto tra i tentativi di fare cose nuove c’è ‘Il Sirografo e la Ballerina‘, tutta elettronica, molto Uoki Tochi, riuscitissima ed originale.
In alcuni casi i nuovi brani assomigliano nella struttura musicale o nei temi trattati a quelli di Turisti della Democrazia (2012): gli esempi più tipici sono la bella invettiva che non la manda a dire intitolata ‘C’eravamo tanto Sbagliati’ che ricorda molto nell’incedere ‘Mi sono Rotto il Cazzo’, o ‘La Rivoluzione non Passerà in Tv‘ che ricalca allegramente la memorabile ‘Abbiamo Vinto la Guerra‘; il tono con cui canta Lodo Guenzi a dirla tutta risulta oggi più meditato, un attimino meno insofferente e caustico; probabilmente proprio il modo di comunicare molto esposto, sopra le righe, provocatorio ma mai fine a se stesso e senza peli sulla lingua del gruppo aveva contribuito ad irritare parte della critica e del pubblico indie, raramente così accaniti e prevenuti dai tempi dell’esordio dei Verdena. E facciamo presente che anche tramite Facebook il gruppo si espone molto, con attenzione alla quotidianità – in questi giorni, per dire, a difesa dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori… – con passione ed argomenti.
Sbagliato però immaginare un gruppo diventato improvvisamente adulto; Lo Stato Sociale de L’Italia Peggiore ha ancora il polso del Mondo che c’è lì fuori, rimane giovane, un curioso concentrato di pop rock agitato, euforici ritmi ballabili, testi attenti, abbastanza affilati, autorali e tanta voglia di incitare alla rivolta, di suonare la carica, di provare a parlare ai coetanei dell’esigenza di lottare per un cambiamento – ‘Senza Macchine che Vadano a Fuoco‘ – cosa di cui sicuramente si avverte un gran bisogno malgrado il gruppo scelga di non impantanarsi sul senso profondo, limitandosi a proporre un modello di adolescente che non sprechi l’esistenza dietro a sciocchezze consumistiche – ‘Instant Classic‘ con l’ospite Caterina Guzzanti – ed alla narrazione soltanto estetica ed eroica della rivoluzione di stile novecentesco – che oggi ha perso il suo appeal… – tra macchine in fiamme, bottiglie molotov, gente che corre in strada e poliziotti che manganellano.
Il singolo intitolato ‘Questo è un grande Paese‘, che ospite Piotta, strappa un sorriso ma sinceramente esaurisce presto la spinta per eccesso di retorica, ‘In due è Amore, in tre è una Festa‘ ugualmente ci sembra deboluccia per quanto con un testo ben fatti tipo Amari ed anche ‘Dozzinale‘, che gioca la carta del lo-fi acustico fa cilecca, mentre altri inni giovanili come ‘Piccoli Incendiari Crescono‘, e ‘Io, te e Carlo Marx‘ sarebbero piaciuti tanto, ne siamo sicuri, a Rino Gaetano, del quale Lo Stato Sociale è un erede forse anche più credibile di Brunori Sas, bravo narratore ma troppo sottile di penna e troppo poco battagliero.
Il disco si conclude con ‘Linea 30‘, in cui l’ospite Max Collini degli Offlaga Disco-Pax col suo abituale spoken ci narra quel disgraziato, maledetto 2 Agosto 1980 della strage alla stazione Fs di Bologna dal punto di vista del suo papà autoferrotranviere, col merito anche di introdurre il pubblico giovane de Lo Stato Sociale al post rock dei più adulti concittadini Offlaga Disco-Pax.
Va riconosciuto a Lo Stato Sociale, ne L’Italia Peggiore, di giocare sempre a carte scoperte, col cuore in mano, senza vergogna di mostrare anche i limiti di una scrittura spontanea e sincera ma qualche volta un po’ grossolana.
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autore: Fausto Turi