Inclassificabili e sfuggenti come un’anguilla i 31knots pubblicano il loro
quarto album (il quarto in quattro anno, segno di una grande prolificità), che è il più maturo della loro produzione. Genericamente potremmo definirli indie-rock, ma la band di Portland/San Fracisco è il classico gruppo che suona musica da un’ottica esclusivamente artistica, fregandosene di mode, classifiche e aspetti commerciali. Non sono ammalianti, né rassicuranti, non sono morbidi, né duri, ma sicuramente tutti questi aspetti appartengono alla personalità del trio. Tutti i dodici brani di questo disco cambiano registro stilistico, facendo emergere una grande vitalità, oltre all’instabilità. Accelerazioni ed improvvisi rallentamenti, chitarre grattugiate che si alternano ad un piano scandito e che occupa la scena spostando il sound verso un pop-r’n’b deviato ed incerto. I riferimenti potrebbero essere i più stralunati ed improbabili, perché se in alcuni frangenti si riscontra la pacatezza di Elvis Costello, in altri sono evidenti i riferimenti al primissimo Springsteen ed in altri ancora l’aggressività post adolescenziale degli At-The Drive In o se volete dei primissimi Karate. Sono molto intriganti questi tre musicisti, una dote non comune tra le giovani leve del rock, soprattutto in virtù del fatto della loro immensa ansia creativa.
Autore: Vittorio Lannutti