A rimestare e rimestare nell’otre sempre gravido dell’underground nostrano, molte delle volte si incappa in cose dall’allergene diabolico, altre volte urticante, ma quando si trovano piccole opere di sostanza concreta come questo Same Old Nightmare dei torinesi Gunash ci si rinfranca e si prova ancora quella latente ebbrezza quando si è davanti alle cose che fanno musica dannatamente buone e inaspettate.
Già a leggere che è ospite alle tastiere in tre brani Rami Jaffee dei Wallflower – ma anche collaboratore di Pearl Jam e Foo Fighters – l’immaginazione vola alle stelle, nonché l’aspettativa di un ascolto alto che – cosa questa che è presto fatta e vincente – si palesa in tutte le sue ottime forme sonore, in tutte le nuances stilistiche che vanno ad investire l’ascoltatore. Disco di intuizioni e fragranze ottime, un mix calibrato di saette grunge A new life, hard rock, flavour orientali alla Faith No More Israfel, Born in spring pt.1/2, schegge metal Progression of crime, psichedelia, polveri desertiche di stampo Qotsa, AINC Grave man, e limature Prog Dream away, tutte ondate che passano sullo stereo con la forza della determinazione, una sequenza espressiva che disegna traiettorie improvvise e placate, una padronanza a stupire che merita davvero ascolti a ripetizione.
Il brivido dell’Hammond B3 di Jaffee tremola eccellentemente in Kannibal orkids, nella ballad Paper dolls e nel volo pindarico che Weathercock – esplosione hard rock old style – mette a disposizione in chiusura di tutto ed in apertura di un nuovo ascolto insaziabile. Non vi è dubbio alcuno che raschiare nell’otre dell’underground qualcosa viene fuori prima o poi, e i Gunash sono il frutto di questa “pesca miracolosa estiva”, di questo rimestare oramai distratto dal quale non ci si aspettava più niente almeno fino al prossimo autunno.
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autore: Max Sannella