E’ dal 1992 che Geoff Wilkinson ha libero accesso agli archivi della Blue Note, ovvero a registrazioni in studio, live, jam e altre sessioni più svariate di grandi maestri del jazz. Da Duke Ellington a Lee Morgan, Wilkinson ha saputo ripescare e campionare molte di queste tracce, spolverandole e in senso lato modernizzandole. In questi due decenni, infatti, ha pubblicato otto album, frutto delle più diverse collaborazioni (dal bluesman Mayall al televisivo Simpson) sotto il nome di Us3, con i quali non solo riporta alla luce questi reperti ma ne fa un uso del tutto sperimentale: senza mai stravolgerli li arricchisce con l’elettronica per unirli ad altri generi, l’hip-pop su tutti. Ebbene, sotto la sigla Us3 è stato pubblicato in questo 2013 un nuovo lavoro, “The Third Way (Hand On The Torch Vol.II)”, frutto di nuove collaborazioni, principalmente con i rapper Tukka, KCB e Akil Dasan. Come da marchi di fabbrica di casa Wilkinson, l’album miscela le basi free-jazz, le ritmiche e le liriche hip-pop, dando vita ad un gergo frizzante, energico e brillante.
Il titolo dell’album può avere un duplice significato ed entrambe le interpretazioni possono essere utili a focalizzare lo stile del londinese. The Third Way, ovvero quella terza via che nel mondo anglofono è spesso usata in ambito politico ad indicare un compromesso, una via di mezzo, che metta d’accordo due schieramenti. Bene, questo compromesso è il linguaggio ibrido degli Us3, a metà tra la finezza e il pacifico godimento del jazz e la modernità e la freschezza dell’elettro/rap che gli si aggiunge. Eppure le soluzioni trovate da Wilkinson eludono il rischio di risultare annacquate e prive di carattere, come fossero un mero esercizio stilistico di copia-incolla; l’album conserva una considerevole carica espressiva e un gradevole eclettismo che rimane sempre ben lontano dal trasformarsi in pura confusione. E poi c’è il richiamo all’esordio discografico, Hand On The Torch, del quale questa ultima uscita dovrebbe rappresentarne il secondo volume, volendo tracciare un’incontrovertibile continuità col disco del 1993.
La similitudine con vent’anni fa è da rintracciare nell’uso dei brani recuperati dall’archivio: ora come allora, infatti, al semplice uso dei campionamenti viene preferita un’interpolazione più profonda, in grado di flettere maggiormente al gradimento dell’artista britannico le tracce. Così, la polpa del suono è costituita da tocchi di jazz, dalla matrice più avanguardistica/free-jazz a suoni più latini fino ad avvicinarsi addirittura a sfumature reggae.
Pianoforte, piatti, bassi e basi elettroniche che si intersecano continuamente su cui si appoggiano le ritmiche e i cantati (parlati) degli ospiti, selvaggi e aggressivi, rabbiosi e costanti. A coronamento, spesso intervengono i fiati, trombe e sassofoni, in grado di reggere un brano qua o di ritoccare con un delizioso assolo (si parla sempre di Lee Morgan…) là, senza mai suonare forzati né incastrati in malo modo.
I testi sono i classici componimenti hip-pop, ritmati e baciati, flussi compatti tra i quali prediligiamo il ritornello diretto di What Would You Do? (“Last Day On Earth/ What Would You Do?”), l’avvelenata Keep Your Head Right (“Wikileaks, Anonymous, Let’s Go/ Let’s Get The Money To The Politics”) e la cadenzata I Want One Of Those.
Altro ottimo lavoro per Us3 che si mantiene aderente al progetto che a sua volta si conferma originale e capace di luccicare anche nell’era della massima diffusione dell’hip-pop. Una fedeltà alla linea che, in questo caso, sembra pagare. E Wilkinson sembra esserne consapevole.
http://www.us3.com/
https://www.facebook.com/Us3official
autore: Simone Pilotti