“Fake Chemical State” è un disco incendiario, scintillante, con un’attitudine punk e brani a spigolo vivo. Skin racconta così il suo secondo album solista: “Brillante, vivace, arguto e torbido”.
Scritto durante lo scorso anno “Fake Chemical State” è un album molto personale e provocatorio, in cui la brutalità diventa intima e a melodie morbide si accompagnano ritmiche serrate. È stato registrato da Skin con la collaborazione di Gordon Raphael, produttore degli Strokes e con una band tra cui spiccano i nomi di Elliot King alla chitarra e Ben Christophers alle tastiere, John Blackburn al basso e Wayne Riches alla batteria.
Il primo singolo estratto dall’album e disponibile solo per il download è “Alone In My Room” che Skin descrive come “un brano velenoso che ha a che fare con quella creaturina dispettosa che mi porto dentro”.
Ma in “Fake Chemical State” ci sono anche pezzi quali il sinuoso e malinconico “Nothing But”, scritto da Skin e prodotto da Linda Perry, “Take Me On” registrato con gli italiani Marlene Kuntz e “Movin’” che è “come ascoltare una fanciulla del coro intonare un inno punk”.
Dopo solo due anni Skin è pronta a cambiare ancora e lo fa con un nuovo contratto con l’etichetta V2 e con “Fake Chemical State”.
“Rispecchia me e il mio modo di vedere la vita in questo momento”, racconta Skin “Mi sono riaffacciata al mondo girando per locali, mettendo dischi e ascoltando nuovi gruppi, dai Bloc Party ai Clor, poi White Teeth e Noisettes”. Ha anche fatto la modella per Gucci e Alexander McQueen.
Il titolo dell’album fa riferimento al modo in cui oggi le sostanze psicoattive in senso ampio sono diventate d’uso comune, siano esse Prozac, Ecstasy o semplicemnte pillole contro il mal di testa. “È una società talmente condizionata dai soldi che non ci si può permettere il lusso di perdere tempo ammalandosi – per questo si è disposti ad assumere qualunque cosa per sentirsi meglio”, spiega Skin, “Il nostro governo ha guadagnato una montagna di soldi vendendo questo tipo di sostanze. Alla base di tutto c’è una grande ipocrisia. Facendoci vivere in un perenne stato di alterazione sintetica ci hanno impedito di essere consapevoli e reattivi rispetto a quanto ci accade attorno”.
Per presentare al meglio l’energia ribelle di questo album Skin è partita per un tour di 16 date in piccoli club: un ritorno alle origini prima delle prossime date nelle consuete venue.
In “Fake Chemical State” troviamo la spontaneità del garage e la delicatezza piena d’ispirazione della voce di Skin. “È ora di smetterla con questo pop patinato e dall’incarnato perfetto (‘skin’)”, dice ridendo, “Torniamo a una musica acneica e imperfetta – troviamo da qualche parte uno strumento appuntito e sculacciamo un po’ di sederi!”.
Rintanati tra i brani più ruvidi ci sono pezzi pieni di sentimento, come “Purple” o la languida “Falling”. Skin ci dà prova di essere ancora capace di scrivere cose così. “È un album un po’ pieno di sé perché c’è tutto quello che ho imparato in questi anni. Mi sono ritrovata a dire cose scontate come ‘è la cosa migliore che ho fatto’ credendoci davvero”.
Autore: red.
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