Analizzando la situazione brevemente ed in via del tutto generale, l’impressione più superficiale è questa: le band di oggi fanno dischi dai quali emergono se va bene un paio di singoli da piazzare nelle sterminate playlist dei lettori MP3. Decine di gruppi con nomi assurdi, aiutati dagli strumenti comunicativi del momento e dai milioni di festival sparsi per il mondo, godono di buona reputazione, danno soddisfazioni e delusioni. Il primo disco va bene, il secondo magari di meno…E’ la storia che si ripete e in maniera piuttosto esatta. Se non fosse per il disordine che regna incondizionato, si potrebbe nettamente affermare un certo appagamento a prescindere da tutto.
Il sound, molto spesso, tende ad imitare e in alcuni casi a migliorare, quello degli eroi di una volta, un lungo elenco di personaggi consorziati in band che oggi e con cadenza mensile ristabiliscono il patto musicale di un tempo che porta il nome di “reunion”.
Adesso, esce un disco dei Bauhaus, nel 2008, che cosa cambia in questo scenario? Sicuramente non la “prassi” che è stata enunciata poc’anzi. Il nuovo album si chiama “Go Away White” ed è un disco rock uscito oggi. Se si cerca una motivazione al come e perché oppure “se ha un senso”, di giustificazioni se ne possono trovare una, nessuna e centomila. Adesso ci ricordiamo che il successo, Peter Murphy & C. l’ha conquistato tra l’80 e il 1983 con dischi memorabili. “In the flat of field”, “Mask”, “The sky’s gone out” e “Burning from the inside” vennero alla luce uno dopo l’altro quasi a distanza di mesi. Nell’era corrente la band, in versione originale, comprensiva, oltre che del già citato Murphy, anche di David J, Daniel Ash e Kevin Haskins, è riuscita comunque in un disco che non è per niente male. Le dieci tracce sono molto interessanti e prive solo di quella teatralità caratteristica degli esordi, che forse è anche difficile da ricostruire, oltre al fatto che il tempo è passato e magari anche gli atteggiamenti, il contesto non sono quelli di una volta. Il quartetto spazia da un buon glam-rock con accenni post-punk a momenti più intensi e riflessivi che poco hanno a che fare col goth ad esempio. Forse qualche suono e qualche chitarra dovevano essere un po’ limati, però va detto che sono stati eliminati inutili protagonismi e la produzione del disco è stata piuttosto discreta.
“Go Away White” non si può certo definire un capolavoro però “Adrenalin” e “Black Stone Heart”, sono due bei pezzoni che nelle playlist sicuramente non sfigureranno, alla stessa maniera di come accade per gli eroi di oggi!
Autore: Luigi Ferrara