Che bello ritrovare i CUT ancora sulla breccia! Sono passati vent’anni da quando si sono formati e diciannove da quel folgorante esordio che fu “Operation manitoba” al quale sono seguiti, tra vari cambi di formazione e periodi di silenzio, altri cinque album. In questi due decenni non hanno sbagliato un colpo e hanno mantenuto sempre la barra dritta restando coerenti e fedeli in maniera integerrima ad un garage blues sempre condensato di punk, noise e soprattutto di tanto, tantissimo rock’n’roll.
Questa loro etica ha fatto guadagnare al gruppo bolognese stima e autorevolezza da parte di pubblico e addetti ai lavori sia italiani che del mondo anglosassone, tanto è vero che l’Antipop è un’etichetta inglese e che il penultimo album “Annihilation road” è stato registrato a New York, presso gli studi di Matt Verta-Ray, l’impareggiabile spalla di Jon Spencer negli Heavy Trash. Nel corso degli anni i Cut hanno anche tentato l’esperienza di discografici co-fondando con Andrea Rovacchi la Gamma Pop, un’etichetta importante per il garage rock italiani degli anni ’90.
In questo nuovo disco troviamo i due membri storici, Ferruccio Quercetti e Carlo Masu voci e chitarre, e il batterista Gaetano Di Giacinto ma sono stati coinvolti tanti amici ed ex membri come il primo batterista Francesco Bolognini oltre ad ospiti illustri come Mike Watt (Minutemen, fIREHOSE, Iggy & The Stooges), Stefano Pilia (Massimo Volume, Afterhours), Sergio Carlini (Three Second Kiss), lo stesso Rovacchi e tanti altri.
“Second skin” ha un tiro garage e graffiante, seppure traspare in quasi tutte le tracce un senso di malinconia.
Il lavoro ha anche dei momenti riepilogativi come “Too late”, nella quale il trio rispolvera l’energia r’n’r che deve molto alla Blues Explosion e in “Parasite” dove l’utilizzo di fiati da un tocco di soul ad un brano in perenne accelerazione, come se Mick Collins avesse alle spalle la sezione fiati di James Brown. In “You killed me first”, il trio riesce a mettere d’accordo l’egocentrismo degli The (International) Noise of Conspirancy con l’irruenza della Jim Jones Revue. Se “The one who waits” è graffiante “Paralysed” è vibrante e intrisa di schegge blues tronfie e incostanti, dirette verso un r’n’r sbilenco. Insomma “Second skin” è già nella mia playlist del 2017!
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autore: Vittorio Lannutti