La scelta dell’abruzzese Antonio Vitale, in arte Jester at Work, è esplicitata fin dal titolo del disco, vale a dire “tornare al nastro magnetico”, andare a recuperare un vecchio registratore quattro tracce e con questo incidere una manciata di folk-songs in bassa fedeltà. Supportato solo occasionalmente da qualche contributo esterno – là una seconda voce, qua un basso, un violoncello o un pianoforte ad aggiungere muscoli all’ossatura delle canzoni – Antonio fa praticamente tutto da solo (scrittura delle liriche in inglese, esecuzione, registrazione), lasciandosi guidare dai numi tutelari Neil Young e Mark Lanegan.
Sillabe impastate di nicotina (“The worst cowboy”), aloni vocali fatti vibrare semplicemente da un accordo di chitarra e da un giro di basso (“Not far from here”), il fantasma di Johnny Cash gracchiante alla radio (“Radiolove parade ‘76”), persino un pezzo country-rock buono per qualche bettola di periferia (A brand new motorbike”), polvere texana a riempire i polmoni (“Sphinx”), l’armonica a bocca come compagna fedele per contemplare un cielo stellato (“Bog’s bubble”): per quanto (volutamente) imperfette – e non sempre incisive – le canzoni di Jester at Work trasudano un’ispirazione autentica.
PS: “Lo-fi, back to tape” è la prima uscita della neonata etichetta Twelve Records.
Autore: Guido Gambacorta