Il mondo del jazz e quello della musica elettronica più o meno “di ricerca” sembrano nutrire una reciproca attrazione che difficilmente finirà per esaurirsi. L’ennesimo “incontro” da segnalare è quello tra Christopher Dell e Roman Flügel. “Superstructure”, il disco in questione, è il risultato degli intrecci del piano Fender Rhodes e (soprattutto) del vibrafono del primo, con i suoni elettronici generati dal secondo.
Il “gioco” riesce, ma a fasi alterne: mentre “Urban Practise” e “Dirty realism” sono ostinatamente costruite su beat banalissimi (poco più che un “contorno” ai virtuosismi un po’ sterili di Dell), la breve “Miniaturasition” offre spunti molto interessanti, con i due musicisti impegnati in una breve fuga free-jazz, con Flügel bravo a donare ai suoi suoni sintetici la stessa intensità e vitalità di uno strumento acustico nel mezzo di un’improvvisazione. I bpm salgono in “4 door body cell”, con fluttuanti note di vibrafono che timidamente cercano spazio tra le inesorabili pulsazioni micro-house. In “Perspective, Moscow”, Dell si ritaglia uno spazio da protagonista, con un intricato assolo di vibrafono “distrurbato” dalle interferenze e le distorsioni di Flügel. Il feeling è ottimo in “Study for a skyscraper” e nella dolce, rilassata “Habitation”, dove la fusione tra gli elementi da’ vita a qualcosa di piacevolmente omogeneo e organico. Un disco piacevole ma non esaltante. Per la serie: “si poteva fare di meglio”.
Autore: Daniele Lama