I Gap Party sono un trio toscano, qui alla seconda prova, capitanati dal tuttofare Alessandro Pierini, voce, chitarra acustica, violoncello, contrabbasso e tastiere, nonché produttore e autore delle liriche e degli arrangiamenti.
“Walking on alone” apre il disco come meglio non si potrebbe: un pezzo di trip-hop siderale di ottima fattura che ha il solo difetto di illudere un po’ l’ascoltatore, il quale certo non tarderà a notare come i restanti sette brani si attestino purtroppo su un gradino (se non due) inferiore. L’aspirazione di Alessandro Pierini, non so quanto elaborata consapevolmente, appare quella di scrivere canzoni pop dal gusto sofisticato ed inclini a forme di sperimentazione sonora, ma in alcuni passaggi (vedi le smancerie di “Wyllie’s ecstasies” e la sfacciataggine alla Mike Oldfield di “After the meeting call”, se non altro arricchita dal trombone suonato da uno dei numerosi strumentisti che supportano il trio) “sofisticato” finisce per equivalere ad “artificioso” e l’essenza “sperimentale” si riduce ad una sintesi, non sempre stimolante, tra fascinazioni hammilliane (il tributo ai Van Der Graaf Generator di “Afterwards”), electro-pop dai toni suadenti e sfumature space-ambientali (la title track).
Il buon lavoro complessivo in fase di produzione e alcuni momenti decisamente indovinati (oltre al brano di apertura indicherei soprattutto il crescendo di “My colours”, con certe possibili influenze degli Archive più psichedelici, e l’idea ritmica sviluppata in “Today”) lasciano supporre che le cose più interessanti i Gap Party ce le faranno sentire quando il suo leader saprà contaminare ulteriormente la propria creatività senza temere di riversarla per intero nella “sostanza” anziché sacrificarne una parte sull’altare della “forma”.
Autore: Guido Gambacorta