Dopo un lontano Frusciante a ritornare nel gruppo base, ora è toccato il turno a Doherty, il figliol (poco o per niente) prodigo degli inglesi The Libertines, a lui è toccato il compito di ricompattare la band insieme a Barat, e Anthems for doomed youth è il “succo” di questa reunion, che arriva dopo ben undici anni si silenzio e la sorpresa non è di poco conto.
Dodici brani in scaletta per una continuità propositiva al massimo di giri, ancora i lumi dell’ingegnosità sono intatti e l’ascolto è uno sfizioso capogiro di ritmi e melodie british, un rock beat dai mille connotati fuso all’effervescenza appuntita punkyes, che percuote ovunque e che fa quadrato ad una qualità di arrangiamento straordinaria.
Il quartetto inglese si rimette in pista e gioca la carta del tutto e per tutto e di primo acchito vince maestosamente, moods ai quali non resisterete alla voglia d’immaginarvi come sotto ad un palco a ballare fino allo sfinimento, imprevedibili i tocchi di chitarra e basso, una batteria che in semplicità incita a muoversi e slegarvi da muscoli inariditi, insomma tutto quello che occorre per convivere con un’abbondante spruzzata di seltz sonoro stiloso e imprevisto.
Ispirato a Kipling e Owen (poeti inglesi di fine 800), il disco sotto sotto ha sempre la caratterialità glam dei precedenti Fame and fortune, Belly and the beast, Heart of the matter, e la ballata Gunga din, l’inno punk Fury and chonbury e la pop song che scalda il cuore Glasgow coma scale blues mettono l’accento su di un disco che oltre che piacere al quadrato è un ottimo indicatore di quello che nel rock verrà.
Welcome back Peter & friends!
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autore: Max Sannella