Per una volta mi garba attaccare con una citazione, che non piove così a caso ma riguarda proprio l’oggetto della presente trattazione: “i Gang Gang Dance sembrano aver trovato il punto G dell’universo”. Così va il Time Out di New York su questa band della stessa metropoli. Descrizione di una sinteticità efficacissima e di un’espressività straordinaria. Ma cosa vuol dire, esattamente?
Detto della provenienza Big Apple, di questa band non sappiamo altro se non della frontwoman Lizzi Bougatsos e delle sue vocals da incantantrice di serpenti. E che “God’s Money” segue l’omonimo debutto dello scorso anno. Tutto il resto dell’impianto sonoro muove come un tutt’uno magmatico e strisciante, connotato, essenzialmente, dal fascino e dal magnetismo che una magia può sprigionare.
Ma attenzione: la magia dei Gang Gang Dance, se non nera, non ha nulla a che vedere con il concetto “canonico” di bellezza. Non è una magia fiabesca, che accarezza, di facile richiamo, ma una magia carica di mistero, eterea e spiritica, ipnotica senza ricorrere alla reiteratività e implicitamente seducente, magari teatrale (nel contesto live, immaginiamo), venata di un tribalismo “moderno” – ma non nell’usuale senso tecnologico del termine –, cosmico anziché etnico. Un’alchimia, un sortilegio che trova in chitarre in midi, tastiere, synth e percussioni i suoi amuleti, e che sa prendere talvolta la forma di canti, processioni – carattere di ritualità.
Come detto, una magia di non facile richiamo, quindi di non facile presa. Difficile che ne veniate catturati al primo ascolto. L’impressione sarà quella di una musica bizzarra, sorprendente. “Strana”. Ma che non funziona appieno. Forse vi capiterà anche di interromperne l’ascolto prima della conclusione. Lasciate scorrere qualche ascolto. Ci sono buone probabilità che il fluido di questa musica entri dentro di voi, vi attraversi, ma non se ne ri-esca del tutto…
Autore: Bob Villani