Quando ho saputo che Mick Harvey aveva lasciato i Bad Seeds, ci sono rimasto male. Avendoli visti dal vivo mi sono reso conto del gran lavoro, da cesellatore del suono, che svolgeva Harvey nella backing band di Nick Cave.
Nessuno come Harvey nella musica rock ha svolto e svolge così bene questo fondamentale ruolo di artigiano della musica, in grado di ridefinire il sound. Se gli altri hanno le luci della ribalta, come nei Bad Seeds ce l’anno lo stesso Cave e Warren Ellis, grazie alla sua esuberanza, Harvey restava sempre sullo sfondo a cesellare, ripulire e perfezionare il sound, proprio per permettere agli altri di emergere.
Dopo 36 anni di sodalizio con Nick Cave, Harvey, che è stato il suo musicista più fedele, quello che più di tutti gli altri ha sopportato gli eccessi del Re Inchiostro, ha deciso di cambiare strada. In ogni caso nella sua carriera non ha lavorato soltanto con Cave, ma ha prodotto numerosi artisti, e scritto diverse colonne sonore.
“Sketches from the book of the dead” non è il primo disco che l’artista australiano pubblica a proprio nome, ma è il primo nel quale sono presenti canzoni scritte di suo pugno, dato che gli altri erano dischi fondamentalmente di cover.
Diciamolo subito, questo lavoro non è di facile presa, non ha l’appeal di “Dig Lazarus Dig” o di “Let England shake”, l’ultimo lavoro di PJ Harvey co-prodotto da Mick stesso, essendo intenso e greve. Questo disco si iscrive tra quelli del miglior cantautorato di matrice anglosassone. È molto passionale.
I brani sono stati scritti a partire dal 2007 e la scelta definitiva di buttarsi su questo lavoro è stata determinata anche dalla dipartita del suo amico, nonché ex collega nei Birthday Party, Rowland S. Howard.
È un disco strutturato come un concept, dato che il tema portante è la memoria delle persone perse, vuoi perché sono morte, vuoi perché si è interrotta la relazione. Il sound ha un cornice musicale molto sobria, apparentemente semplice, ma in realtà molto profonda e ricca di sfumature, essendo strutturato attorno all’accoppiata piano/basso, denso di malinconia e con pochissimo spazio lasciato a ritmi rock. Anzi, il più delle volte il passo è lento, intenso, cadenzato ed assolutamente denso di pathos, ricordi e qualche rimpianto.
Approcciatevi a questo album come lo avete fatto con i lavori dei grandi cantautori, non ve ne pentirete.
E’ possibile ascoltare le tracce dell’album dal player del sito ufficiale: www.mickharvey.com/music_player.html
Photograph
Mick Harvey | Myspace Music Videos
Autore: Vittorio Lannutti