L’esordio di Andrea Lepri completa il tris di pubblicazioni con cui la giovane etichetta ravennate Palustre records si è presentata in questi mesi al mercato nazionale, dopo un passato di adorabili produzioni meno professionali fatto di dischetti a tiratura ridotta confezionati a mano ad uno ad uno in cartoncino, colla, spago e copertine al pennarello.
Rispetto ai due dischi di Aldo Becca e Matteo Allodoli – disco giallo e disco rosso dei quali, come dicevo nelle precedenti recensioni – in questo disco blu del barbuto Andrea Lepri, c’è sicuramente coerenza stilistica e simile visione libera e indipendente della musica, sempre con un piede nella registrazione in bassa fedeltà. Del resto, non è un caso se lo stesso Aldo Becca suona e canta come ospite in questo disco caratterizzandolo inevitabilmente, e da una mano anche Giovanni Maroccolo, chitarrista ex Csi, al cui album ‘A.c.a.u.’ Andrea Lepri aveva partecipato due anni fa.
‘Radìs’ è disco con due anime, affascinanti entrambe anche se non perfettamente aderenti tra loro, secondo me: la prima è quella dialettale romagnola, che emerge in canzoni come ‘Viòl de Pinsìr’ e ‘Valàvalà’, e quest’anima è sobria, assolutamente incomprensibile per chi non conosce il romagnolo, ed è la più potente, la più convincente, la più sentita dall’artista, credo; che bella che è ‘Sabia’, canzone sulla quale pare che Lepri abbia anche realizzato un cortometraggio che sarebbe bello vedere.
Inevitabile e doveroso, per comodità di chi legge, citare come termine di paragone ‘Creuza de Mä’ splendido album in dialetto ligure di Fabrizio De Andrè del quale questo ‘Radìs’ può esser visto come versione indipendente, più dimessa ma ugualmente commossa, e meno ricca d’arrangiamento: minore l’armamentario di strumenti etnici, comunque presenti anche qui.
La seconda anima del disco è quella per così dire “palustre”, con canzoni pop in italiano dai testi impressionisti – ‘Branco di Pecoroni’ – o narrativi – ‘Le Scorte’ – del tipo che abbiamo già incontrato negli altri due lavori dell’etichetta; queste canzoni però, come dicevo, spezzano il precedente discorso dialettale, senza esserne inoltre all’altezza.
Suggestiva la conclusione dell’album con ‘The Lamb’, canzone in inglese con parole di Andrea Lepri ispirate al poemetto ‘Song of Innocence’ del poeta romantico britannico William Blacke.
Autore: Fausto Turi