Diagrams è lo pseudonimo dietro al quale ritroviamo, dopo tre anni sabbatici spesi a ritrovare se stesso e ad insegnare in una scuola elementare, Sam Genders, ex voce e co-fondatore dei Tuung, finalmente alle prese con il suo progetto solista con al suo fianco Danyal Dhondy per gli arrangiamenti, Laura Hocking per le voci, Hannah Peel per voce e trombone, e Matt McKenzie e Tom Marsh alla batteria. Certamente, tenuto conto del background del personaggio, Black Light non poteva rimanere estraneo a quell’universo che si muove tra folk ed elettronica, ciò non significa che tutto il viaggio si svolga lungo sentieri già esplorati.
Quello che risalta, fin dai primi ascolti, è infatti una estrema naturalezza nel dare vita ad un ideale spazio sonoro nel quale Peter Gabriel si incontra con Sufjan Stevens e Belle and Sebastian con i Cure. Il talento nel mantenere sonorità semplici, ma talvolta sorprendenti nelle costruzioni e negli arrangiamenti. Una disarmante abilità nel creare una miscela calda e vibrante di melodie pop e loop elettronici, ritmi funk e inserti psichedelici, chitarre acustiche e sperimentazioni sonore.
Ad aprire le danze c’è una Gost Lit, giocata su un tappeto di piano elettrico e arpeggi di chitarra, splendidamente liquida, intima e avvolgente come le prime ore del mattino riscaldate dall’aroma del caffè e dalla fragranza del pane. Tall Buildings saltella su di una linea di basso e su un ritornello euforico. Il funk di Antelope ad un certo punto è impreziosito meravigliosamente grazie da una piccola sezione di fiati e d’archi.
Black Light ha un cuore meravigliosa elettronico che pulsa. Peninsula inizia placida con il suo andamento acustico per virare in crescendo nelle ultime battute.
Tirando le somme, un album pieno di inventiva che si muove in perfetto equilibrio tra variazioni continue.
Autore: Alfredo Amodeo