Fenomeno vero o presunto, sta di fatto che è impossibile non accorgersi di come l’Islanda sia considerata ormai la nuova “terra promessa” in fatto di nuove tendenze della musica indipendente. Il successo di Sigur Rós e Múm ha fatto si che pubblico, giornali ed etichette accendessero i riflettori su una scena fino a poco tempo fa completamente ignorata come quella di Reykjavik. L’ultima “scoperta” è il giovane Orlygur Thor Orlygsson, in arte Ölvis, al suo debutto discografico su Resonant, etichetta londinese che ha ben pensato di “interessarsi” alle nuove leve della terra di ghiaccio e fuoco, pubblicando anche – di recente – il secondo disco di Stafrænn Hákon, altro nome da tenere d’occhio. Ölvis si diletta a narcotizzare le nostre orecchie e il nostro cervello con un piacevole ambient-rock dilatato ed evocativo.
Non disdegna tessiture acustiche (“Goodnight”, “Tonight”), e s’incanta a guardare il mare in una contemplazione pressoché statica (“The sea”); insegue melodie fluttuanti (“Go very far”), incastra note di piano tra cinguettii e voci lontane (“Say”) e sussurra timide cantilene (“Orion”). Diventa un tantino noioso quando ci propina paesaggi sonori che rischiano di sfociare nella new age (“Do you see the light?”), reiterazioni che non portano da nessuna parte (“Look around”) o percorsi electro-ambient ammalianti ma tutto sommato trascurabili (“Waterfall”, ad esempio, con i Tangerine Dream che osservano dall’alto scotendo la testa). Molto bella, invece, “The sun”, che è un po’ la summa del linguaggio artistico di Ölvis: chitarre acustiche che s’intrecciano con tappeti di tastiere e synth che partono come raggi di sole (appunto…) che s’infrangono tra i ghiacci. Sognante…
Autore: Daniele Lama