Disco d’esordio, dopo una serie di singoli e remix circolati in radio negli ultimi due anni, per questa band che giunge dalla vivace scena indie genovese – Numero6, Meganoidi, Tarick1, Ex-Otago, Port-Royal, Filo Q, Mezzala… – e propone un’indie elettronico ballabile, con ispido hip hop di periferia, sorprendenti puntate cantautorali e fulminanti trovate ironiche, il tutto con testi in lingua italiana cantati con un leggero, simpatico accento genovese da Pernazza e Filo Q; completa la formazione il batterista Drolle.
Tutti a Spasso contiene 7 brani per circa 32 minuti, ed i singoli scelti sinora dal trio per farne videoclip sono l’emblematico brano omonimo, che macina ritmo solare e suoni dub e reggaeton appiccicandoci le parole sopra come in una filastrocca hip hop metropolitana ed immmancabile bridge ispanico, ed ‘Il Pasto di Varsavia‘, soundsystem metropolitano ballabilissimo in cui si inizia a percepire la qualità della trama elettronica del trio, con Pernazza che ci sommerge con una tonnellata di parole.
All’altro estremo la suggestiva ‘Genova per Chi‘, poesia minore sulla bella città ligure: quella di Borgoratti e Marassi però, non quella sfavillante dei turisti, e dobbiamo dire che ascoltarla in questi giorni del disastro della torre piloti del porto fa un certo effetto https://www.youtube.com/watch?v=Uc-BeS7X50s e tra i due estremi ci sono ‘Ok Ok’, hip hop consapevole, dallo sgargiante e curato tappeto elettronico, ed anche ‘Paesaggio Infinito‘, in cui Filo Q si espone di più anche come cantante, oltre che come dj.
In ‘Dall’Essere, dal Dover Essere e dall’Essere Umano‘ ed in ‘Sopravvivere in questa Nazione‘ ritroviamo una critica sociale maggiore, ma sempre tra le righe del ritmo dub e soundsystem, che i Magellano non sacrificano, con scelta generalmente opposta rispetto alla media dell’indie rock italiano, assillato dall’esigenza di comunicare sempre l’amarezza dei tempi moderni.
Tutto sempre molto istintivo, veloce, fisico, taglio che i Magellano scelgono di dare alla propria musica – con i pro ed i contro che ciò può comportare – probabilmente già in fase di scrittura e poi di interpretazione, evitando una limatura eccessiva del lavoro – le musiche elettroniche, però, sembrano invece molto ben ponderate, a cominciare dalla scelta dei suoni… – che rischierebbbe di appiattire tutto.
autore: Fausto Turi