Roger Rossini, in arte Jet Set Roger (bresciano nato a Londra) mette a segno con Piccoli Uomini Crescono il suo secondo album (autoprodotto anch’eso) dopo La vita sociale, mostrando perfetta coerenza di intenti e risultati.
Gigioneggiando fra il glam rock più sperimental-demenziale nostrano (da Bluvertigo a Beck passando per Elio) e reminiscenze vintage anni ’80 alla Ivan Graziani, Jet Set Roger colleziona una serie di canzoni dove l’apparato strumentale è di primissimo livello; sonoricamente ricco e talvolta addirittura sontuoso, e i testi invece volutamente disimpegnati e quasi “scazzati”, come in Buttati Battista (puro stile Morgan), Non so cosa farci o Tuo Fratello è psicopatico.
Colpisce la preparazione musicale, che si accompagna però a una voce ostinatamente marcata in senso ironico, quasi un Piero Pelù ulteriormente caricato, che fa perdere parecchio di intensità i brani. Eppure Roger è in grado di fare cose serie e lo dimostra con i pezzi più intimisti, uno fra tutti la bellissima ballata swing di chiusura dell’album, La vita senza Pepe, dove non a caso la voce si modula secondo un tono più dolce e serio.
Ma Jet Set Roger, anche se ha collaborato con alcune delle realtà più importanti in Italia come Afterhours, Africa Unite, Baustelle, Bluvertigo, Mice Vice, Franci Omi, Table, non sa e non vuole prendersi sul serio quindi l’impronta del disco è quella scanzonata, che vorrebbe forse essere ironica (per esempio in L’avresti mai detto o Jet Set Society) ma con testi disarmanti nella loro inconcludenza (o al contrario eccessivamente criptici, chissà) riesce solo a essere a volte addirittura irritante (“che cosa sta cercando di dirmi?” “sta cercando di dire qualcosa?” pensa tipicamente l’ascoltatore).
Piccoli Uomini crescono diventa allora un esempio di come tante belle occasioni della musica nostrana possono andare a volte sprecate, in questo caso per una scelta quasi ideologica di musica “fancazzista”. Che piacerà però agli indie anarchici.
Autore: Francesco Postiglione