Timido, schivo, a dir poco educato, quasi ossequioso, sono i primi aggettivi che rimbalzano nella mia mente quando penso a Giampaolo Loffredo, aka Lebenswelt, un progetto messo in arte dal talento artistico di questo napoletano anche discreto, esattamente l’opposto a quel prototipo che in questo periodo le testate giornalistiche ed i rotocalchi rosa stanno cavalcando a proposito del far-west di Scampia-Secondigliano.
Lebenswelt è un progetto solitario sostenuto dall’autore reduce dall’esperienza nei Joy of Grief , reso possibile dalle facilitate possibilità offerte dalle nuove tecniche di registrazione, che in molti casi approdano ad effetti devastanti, ma talvolta, e questo ne è uno di quelli, germogliano produzioni artistiche notevoli.
Attraversato da un disarmante distacco, quasi autismo, e sostenuto, dall’incalzante ossessione prodotta dalle campionature elaborate dalle macchine, Lebenswelt si trascina affannosamente, rincorso da incubi notturni maliziosi, ma aggrappato a solide certezze cui tutte le tracce fanno testimonianza; in alto vola l’angelo di Ian Curtis, che accompagna le elettro-fobie dei padrini God Machine infettate dalle oscure ossessioni ambientali dei Labradford.
Difficilmente una auto-produzione riesce a sortire suggestioni istantanee, ma il progetto di Giampaolo Loffredo le promette fin del primo ascolto e ne mantiene le caratteristiche fino all’ultima nota sortendo la gradevole sensazione di far partire il re-wind.
Autore: g.ancora