Premessa: “Ghost Trees Where to Disappear” dei nostrani Joycut non ha paura di esser gettato via. Il disco, infatti, non solo è stato registrato a Londra, tra le sale del The Premises (primo studio europeo alimentato a energia solare), ma è composto interamente di materiali ecosostenibili. Dunque, in caso di mancata soddisfazione, avrete la possibilità di riciclare le tredici tracce firmate dal leader Pasquale Pezzillo.
Ciò vale a dire che l’album in questione non teme giudizi, e che – anzi – vi toccherà darne, per decidere se i dieci anni di carriera del gruppo bolognese sono giunti al lavoro definitivo. Un passo importante che vede in consolle il produttore Jason Howes, uno che ha messo in curriculum esperienze con Bloc Party, Arctic Monkeys, Art Brut e Lily Allen.
Lo spunto è quello che avevano già preso nelle prove precedenti: gli Ottanta, la new wave e tutta quella musica che si tinge di colori scuri e voci gravi.
Il protagonista è ancora il Signor Uomo, un uomo qualunque che cerca un mondo impossibile tra la realtà industriale che lo circonda. Il personaggio lo avete visto in versione fumetto sfogliando XL e le tracce già assaggiate grazie al progetto sponsorizzato dalla stessa rivista. Insomma, benché stoni l’affermazione di chi li vuole i novelli Afterhours, dunque detentori della nuova musica alternativa italiana, i Joycut compongono un disco ben strutturato. Il respiro è internazionale, distogliendo completamente l’ascolto dalle miriadi di piccole band del Bel Paese chiuse nel morbido clichè italico. Il singolo “Garden Grey” e brani come “The Fall” o “Liquid” fanno di questo un album accattivante, ma non ancora indispensabile nella vostra collezione.
Perché se l’obiettivo è la ricerca di un proprio modo di scrivere, è proprio questa personalizzazione che passa attraverso troppi nomi lontani e recenti, dai Cure agli Arcade Fire, incrociando i meno convincenti Editors. “Ghost Trees Where to Disappear” sembra in cerca di un’eredità piuttosto che di stimoli da metabolizzare. Questo non fa del gruppo un nome da sconsigliare, ma li incatena alla categoria esordienti in cerca di identità. Il tutto, però, racchiuso in un pregevole oggetto musicale.
Autore: Micaela De Berardo