L’estate, si sa, è la stagione preferita dai giovani.
Ai giovani, si sa, piace divertirsi. E, per completare il luogo comune, diremo che ai giovani che amano divertirsi piace tanto lo ska, meglio ancora se contaminato da una buona dose di punk.
Ora, sarà capitato a tutti di avere quindici anni e di imbattersi, una sera d’estate, in un palchetto spuntato miracolosamente all’angolo di una piazza; accorgersi che “ehi! questi qui sono una figata” (avete quindici anni e dite proprio così: “una figata”) e ritrovarvi in men che non si dica a pogare come dei matti insieme a un gruppo di scalmanati che la pensa proprio come voi, complice una sbevazzata che, alla vostra età, dovrebbe bastare per spalancarvi le porte della percezione. Fradici di sudore non vostro e pieni di lividi, decidete di acquistare all’apposito banchetto il demo-tape del gruppo in questione e, una volta a casa, imparate una lezione che non dimenticherete per tutta la vita: certe cose funzionano solo dal vivo.
E’ la dura legge dello ska-core, che non risparmia neanche i pur bravi RFC, band giovanissima ma già piuttosto conosciuta, grazie a un’attività live molto intensa che li ha portati a suonare al fianco dei principali nomi della scena punk-rock italiana. Figli di una “mamma punk” e fratelli minori di Tre Allegri Ragazzi Morti, Pornoriviste, Meganoidi (per citarne solo alcuni), i nostri volenterosi ce la mettono davvero tutta per trasferire intatte l’energia e la spontaneità delle esibizioni dal vivo nel loro esordio discografico, “Anarchia sentimentale”. Non sempre con successo. Come in tutti i gruppi alle prime armi, pregi e difetti tendono a coincidere e se per il momento la personalità latita, poco male: se non altro la scaletta è variegata e alla fine l’ascolto (se vi piace il genere) risulta tutt’altro che monotono. L’apertura ska di Estate 2002 dà un’idea della freschezza adolescenziale che pervade il disco e il reggae dopato-etilico-balneare di Sballo#1 sparisce nelle schitarrate furiose della successiva Sballo#2, che ritroverete anche in altri pezzi (Panico, Ci hai rotto il c*z*o).
La convinzione c’è, la sostanza (quasi sempre) pure, e non a caso gli episodi più felici sono quelli in cui la registrazione in studio valorizza la vena noisy un po’ à la Verdena del quintetto casertano (Vedi blu), o certe incursioni rock-steady (Penso a lei). Le cose cambiano proprio laddove, in altro contesto, verresti sopraffatto dall’allegria scanzonata e caciarona di pezzi come Fidati di me, Evri sabato, Una mamma punk, che invece, all’ascolto domestico, rivelano appieno le debolezze degli arrangiamenti (in particolare i fiati, troppo piatti e monocordi) e, ahimé, dei testi. La giovane età e l’ispirazione autobiografica non giustificano una banalità quasi imbarazzante, anche, anzi soprattutto, nei momenti di maggiore ironia (Superfighetto, Maria carissima, Sballo#2, sovversivi quanto gli Orsetti del cuore e decisamente vietati ai non cerebrolesi).
Un’anarchia, appunto, solo sentimentale, eppure semplicità e simpatia non mancano e sono proprio gli elementi su cui vale la pena insistere.
Autore: Rino Cammino