Dopo aver volato dal Sudamerica (“In Brazil”, maggio 2004) al continente nero (“In Africa”, aprile 2005), Gilles Peterson con questa compilation fa ritorno a casa, negli studi londinesi di radio BBC dai quali ogni domenica notte conduce il programma Wordlwide: le BBC sessions racchiudono appunto varie performances live di artisti che hanno fatto visita al dj inglese nell’arco dei cinque anni di vita della sua trasmissione radio.
L’intento documentaristico giustifica almeno in parte la durata di un lavoro – si tratta di due cd colmi fino all’orlo – che a mio avviso avrebbe potuto benissimo essere compresso in un unico cd o comunque almeno in parte snellito per evitare all’ascoltatore il compito di fare lui una doverosa selezione saltellando qua e là all’interno della tracklist. Soprattutto quando ci si muove in area nu-jazz/nu-soul/downbeat si incappa in diversi contributi dallo scarso mordente, come quelli firmati da Heavy, Amp Fiddler, Nitin Sawhney, NSM, Heritage Orchestra (dieci minuti di fraseggi sax/flauto/piano/batteria in un crescendo scontato), e lasciano un pizzico di amaro in bocca anche le esibizioni delle prime donne Björk, Beth Gibbons e Roisin Murphy, brave per carità ma senza strafare.
I primi applausi scattano quando si fa avanti la combattiva rappresentanza del mondo hip hop, a dimostrare che il rap sa esprimere ottime cose non solo in studio ma anche dal vivo se a scendere in pista sono i pezzi da novanta: da apprezzare i NERD, che si inventano sette minuti e quaranta secondi di una “Exclusive jam” dalle forti connotazioni soul; al suo meglio anche Roots Manuva con il funky nerissimo di “Dreamy days” (dal suo secondo disco “Run come save me”); non deludono certo i Roots, dei quali sono notorie le doti come live band, e fanno centro pieno pure i loro “fratelli” Common e Cody Chestnut, autore quest’ultimo di un’intensissima versione per chitarra e voce di quella “The seed” portata al successo proprio in compagnia dei Roots.
Si segnala un Beck piacevolmente lunatico (“Round the bend”), gli Zero 7 si fanno notare pur rischiando pochissimo con l’hit “This world”, e merita attenzione l’accoppiata Steve Reid-Four Tet con nove minuti di tocchi percussivi sovrapposti ad un’incessante sgocciolio digitale.
Detto dell’eccellente interpretazione di Cody Chestnut, al quale va senza dubbio la palma di migliore, un ipotetico podio sarebbe completato dall’argento di Herbert e Dani Siciliano, i quali conferiscono nuova linfa swingante alla loro “Audience”, e dal bronzo di Fat Freddy’s Drop con un pezzo reggae-dub (“This room”) che ha già il peso specifico di un futuro classico del genere.
Autore: Guido Gambacorta