“Mi sa che fuori è primavera” di Concita De Gregorio
Casa editrice: Feltrinelli
N. Pagine: 122
Anno pubblicazione: 2015
Prezzo: € 13,00
La vita di Irina Mayme Lucidi si divide in due fasi: quella prima del 30 gennaio 2011 e quella dopo. Nella prima fase, Irina vive in Svizzera, è una donna in carriera, è sposata con Mathias Shepp, ingegnere, e ha due gemelle: Alessia e Livia.
Tra lei e Mathias le cose cominciano ad incrinarsi e il loro matrimonio finisce, come quello di tanti altri, senza apparenti traumi. Fino al 30 gennaio 2011, appunto. Da quel giorno Irina è diventata una donna “senza”: senza un marito e senza le sue due bambine. Mathias, infatti, nel prolungare un weekend in cui toccava a lui prendersi cura delle figlie, ha macinato chilometri dalla Svizzera al sud Italia, si è fermato in Puglia, ha accuratamente parcheggiato l’auto e si è fatto investire da un treno. Il gesto è stato reso ancora più agghiacciante da un biglietto lasciato alla sua ex moglie: “Le bambine non hanno sofferto, non le vedrai più”. Ecco la frattura, che ha inesorabilmente spaccato in due la vita, il cuore e l’anima di Irina e l’ha trasformata in una donna “senza”. In effetti, non esiste in nessuna lingua moderna un termine che indichi la condizione di un genitore che ha perso i suoi figli. Perso, letteralmente. Delle bambine, infatti, non si è saputo più nulla, né sono stati trovati i loro corpi. Un epilogo del genere probabilmente non poteva essere previsto, ma non sono mancati i campanelli d’allarme che avrebbero dovuto richiamare l’attenzione di qualcuno: a Mathias è stata diagnosticata una personalità “psicorigida” dagli specialisti che l’hanno tenuto in cura negli ultimi anni.
Questo significa che Mathias non si lasciava prendere dalle emozioni, voleva sempre avere tutto sotto controllo, era preciso, ordinato, meticoloso, quasi maniacale nei suoi atteggiamenti. Non significa certo che fosse pericoloso ma, evidentemente, qualcosa dev’essere sfuggito anche agli stessi specialisti che, successivamente, si sono rifiutati di collaborare alle indagini. Come se non bastasse, anche le indagini sono state condotte male, troppi elementi sono stati tralasciati e ricongiungere i punti è diventato, alla fine, praticamente impossibile. Irina, tuttavia, ha trovato il coraggio di non lasciarsi travolgere dalla sua stessa tragedia e ha continuato a vivere, a viaggiare e a porsi interrogativi. Con grande coraggio ha deciso di raccontare la sua storia a una brava giornalista, Concita De Gregorio, la quale, con una dose ancora maggiore di coraggio, è riuscita a sintetizzarla in un libro, che non è un romanzo, ma un condensato di emozioni.
Attraverso una raffinata tecnica narrativa, le voci delle due donne si alternano, senza mai sovrapporsi. La narrazione è rapida, resa particolarmente scorrevole da un lessico molto immediato e dalla quasi totale assenza delle virgole, quasi a significare che per una storia del genere non possono essere concesse delle pause. E’ un libro che induce a riflettere e a riconsiderare sotto una luce diversa i nostri piccoli drammi quotidiani, ma è un libro che fa male, per la sua capacità di restare scolpito nella mente. Consigliato a chi ha il coraggio di affrontarlo, suggerito a chi non lo sfoglierebbe nemmeno.
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autrice: Flavia Vitale