“The legend of Yeti Gonzales”: questo primo album degli Yeti è stata una sorpresa; una piacevole sorpresa di questo fine 2008. È ancora possibile fare del buon pop, orecchiabile, fresco, con ovvi rimandi ai Beatles e a quel pop 70 che tanto piace citare (chi può fare pop senza “rimandi” e senza rimandi ai Beatles?). La cosa sorprendente è che quest’album sia stato pubblicato da una casa editrice napoletana, la Planet Records che annovera nel suo catalogo le cose più diverse tra loro. A farla da padrona è la musica latino americana, ma a un catalogo pieno di ritmi sudamericani si alternano nomi che svariano tra diversi generi. Ma andiamo con ordine. La Planet da tempo si occupa di musica latino americana, e questo è assodato, e con un gruppo in particolare ha fatto parlare di sè ben oltre i confini degli amanti di quella musica. Ricordate gli Aventura?. Un successo che partì da Napoli. Bene se si guarda nel rooster degli artisti internazionali si potranno trovare delle sorprese (piacevolio no, non sta a me dirlo). Si spazia dal gran ritorno dei Teatrs for fears, all’album solista di Mel C, la spice girl, dagli indimenticabili Hanson, i tre fratelli cresciuti improvvisamente, ai The Ark. Insomma ce n’è per tutti i gusti. E veniamo agli Yeti. Insomma forse i nomi citati prima potrebbero far storcere la bocca, ma prima di mandare a quel paese chi scrive, la Planet e gli Yeti, vi consiglio di ascoltare quest’album (tutto!). Gli Yeti sono la creatura di John Hassall, ex bassista dei Libertines, che abbandona le sonorità indie punk, per darsi come detto a un pop di matrice 70’s, John afferma che: “se non fosse stato per i Beatles non avrebbe mai deciso di suonare chitarra“. Beatles? Beh! ascoltate “Merry go Round“! Anzi facciamo un gioco e vediamo ciascuna canzone a quale periodo beatlesiano potrebbe essere associata… Non so voi, ma per me non sempre è una colpa, anzi. Quest’album si fa ascoltare che è una meraviglia (dobbiamo ripetere che ovviamente non si tratta del capolavoro che risolleverà le sorti del pop? No, su!, non ce n’è bisogno), alternando sonorità pop, a sonorità che rimandano al bel rock americano che fu (Can’t Pretend), quello da sparare a tutto volume sulle strade americane, e perché no, aprire i concerti degli Oasis, come è successo nel loro ultimo tour… Insomma i Libertines dimenticateli, sebbene anche loro pescassero a piene mani nelle sonorità da cui pescano gli Yeti, semplicemente qui c’è un approccio completamente diverso, un modo di concepire la musica più maturo, chissà che anche Hassall non si sia definitivamente scocciato dell’idea di musica à la Doherty…
Autore: Francesco Raiola