Tre anni fa un piccolo grande evento fu regalato dalla Bella Union ai suoi affezionati: l’album www.itstartshear.com, lavoro che ha richiesto tre anni e che ha messo insieme due grandi talenti attuali del piano, Peter Broderick e Nils Frahm, e ha dato vita a una novità assoluta, essendo il primo disco a essere, contemporaneamente, anche un sito web. Ora mentre Frahm si è dato alla miscellanea con l’elettronica, Broderick esce in questi giorni con Colours Of The Night, prodottto durante un suo lungo soggiorno a Lucerna in Svizzera nel quale è stato coadiuvato da musicisti locali.
Una sorta di “soggiorno di registrazione”: tre settimane di concerti quasi ogni sera in varie località e paesini della zona, e la conoscenza di band locali che si è portato poi in sala di incisione.
Il soggiorno in Svizzera era in realtà una cura per la diagnosi da stress che gli avevano dato in ospedale dopo un ricovero tre anni fa, all’epoca di It Start Shear. Del resto Broderick è sempre stato autore prolificissimo in questi anni, dall’esordio nel 2009 con l’album folk Home, al lavoro di solo piano e voce How They are, fino al sito-disco, tutti per Bella Union (e tutti seguiti fin qui da noi di Freak Out).
“Ero arrivato con un blocco di canzoni e ho praticamente visto come sono risultate trascinate dal filtro di questo gruppo di musicisti che venivano da un posto completamente differente. E’ stato eccitante lasciarmi andare un po’, semplificare e consolidare il mio proprio ruolo nella musica”.
Ed in effetti, parlando del nuovo disco, si tratta davvero di una semplificazione: il polistrumentista molto sperimentale degli esordi si lascia andare qui a canzoni folk piuttosto tradizionali, con sonorità abbastanza tipiche. Non c’è il minimalismo dei primi due dischi, perché qui i pezzi sono tutti pienamente strumentati, e non c’è l’esplorazione di suoni ed effetti come in It Starts Hear, ci sono anzi musicalità piuttosto immediate e semplici (anche se mai banali) come in Red Heart, o On Time, o cori quasi gospel come nella title track. Ancora, compaiono melodie struggenti ma basate su giri di accordi piuttosto comuni come in Our Best, o in One Way, e solo due pezzi sono minimalisti come nello stile precedente, If I Sinned e la bellissima conclusiva parte di piano di Rotebode, l’unico pezzo, forse, dove troviamo il Broderick a cui siamo abituati.
Sarà che un tuffo nella semplicità serviva a curare l’esaurimento nervoso di Peter, ma la sua musica non ne guadagna: strutturalmente e musicalmente questo album è un passo indietro rispetto alle precedenti esplorazioni, che hanno sempre regalato qualche perla di novità. Non è il caso di gridare allo scandalo o alla fine di carriera, ma dobbiamo sperare che prossimamente il musicista canadese recuperi il genio e il talento che lo caratterizzano, che in questo ultimo disco, pur fatto di componimenti sempre impreziositi, latita un po’.
http://www.peterbroderick.net/
autore: Francesco Postiglione