Sun Kil Moon è il nuovo progetto di Mark Kozelek, già leader dei Red House Painters, non nuovo a percorsi solisti. Già nel 2001, infatti, aveva pubblicato a suo nome “What’s Next to the Moon”, un bellissimo disco in cui rivisitava in chiave folk brani dei connazionali (udite, udite!) AC/DC. Se in quell’occasione Mark sembrava seguire con passione le orme di cantautori come Nick Drake e forse anche Leonard Cohen, in “Ghosts of the Great Highway” è il Neil Young di “On the beach” a essere prepotentemente evocato, soprattutto quando Kozelek distende la sua voce in un sottilissimo falsetto.
E’ un disco straordinariamente inspirato, intenso, lungo, denso di racconti affidati ad una voce bellissima e a suoni prevalentemente acustici.
In “Glenn Tipton”, pezzo d’apertura, Kozelek parla di pugili (Cassius Clay vs Sonny Liston), e di dispute su qual’è il miglior chitarrista dei Judas Priest (KK Downing o Glenn Tipton?), di ricordi di un’amica uccisa durante una rapina, e dell’immagine di sé stesso che, in piena notte a guardare film con Clarke Gable, ricorda esattamente quella di suo padre anni ed anni prima. “Carry me ohio” ha una melodia irresistibile, su un ritmo delicato, mai sopra le righe. “Salvator Sanchez” (poi riproposta in chiave acustica alla fine, col titolo “Pancho Villa”), è invece avvolta da chitarre distorte, come lamenti strazianti. Ballad come “Floating” e “Gentle moon” immergono l’ascoltatore in atmosfere acustiche di rara bellezza, in cui la voce di Kozelek brilla per limpidezza e versatilità. “Lilly and parrots” è un campionario di suggestioni sonore lungo quasi un quarto d’ora (!), puntellato di discrete intrusioni di xilofoni, mandolini, archi….con un finale lisergico assolutamente straordinario, in cui la voce del Nostro si mescola, confondendosi, nel caleidoscopio fantastico creato dagli strumenti. Nello strumentale “Si Paloma” si respira odor di mariachi, ed è sicuramente il brano più luminoso di tutti. “Ghosts of the Great Highway” emoziona, nel suo essere tremendamente sincero, intimo e personale quasi in maniera imbarazzante.
Autore: Daniele Lama