Avete mai visto un musicista esaltato fino al visibilio per un collega? E’ accaduto un paio d’anni fa. Napoli, concerto degli oRSo, chiacchierata con quel folletto di Phil Spirito. Che non perse occasione per tessere lodi sperticate per quello che lui definì “godhead” e “my man”: Griffin Rodriguez, contrabbassista cubano dalle grosse fatttezze, uno che sa essere band di se stesso e di tanti altri (HiM, Bablicon), e che oggi lancia questo nuovo progetto – insolito triangolo Chicago-Philadelphia-Athens: Icy Demons. Non proprio un raffinato giocattolo sonoro (a meno di non volersela cavare con brillanti definizioni), ma in sala registrazione folla ce n’è. Di strumenti.
I disegni “cicciosi” in copertina sembrano rimandare alle bislaccherie di quei geniacci degli Olivia Tremor Control vista anche la label per cui questo debut album esce (quella Cloud che ha ristampato i loro primi due album). Somiglianza non c’è, devo dire, tra queste due entità. Ma non si può dire che gli Icy Demons amino particolarmente le categorizzazioni. Non sai bene da dove prenderlo questo “Fight Back!”: al primo ascolto i neuroni si fanno rapire da secondo e quarto brano (hey gente, qui dei titoli non c’è ombra…), rispettivamente un iperbolico ingranaggio lounge-jazz in vorticoso crescendo e una solarissima samba che pare uscita dalla mente di un Bacharach.
Ascolti una seconda volta, e mentre cominci a perderti nelle pieghe di strumentali senza apparente capo né coda, ti imbatti in uno spy-score anni 60 (quella tromba con sordina non fa venire in mente anche a voi un certo Armando Sciascia?) tuffato in una metronomica baraonda percussiva e accompagnato, nel finale anche qui in crescendo, da lirici vocalizzi. E scopri che la seduzione, l’ipnotismo nella cui rete sei caduto ha un che di perfido per gli accostamenti con cui è stato perpetrato. E come se non bastasse c’è di nuovo “quella” samba, rallentata e spogliata di quasi tutto, a mandarti a nanna. Lo so, non saranno in molti a vedersene bene. Però che classe…
Autore: Bob Villani