La combriccola dei teschi, ovvero gli inglesi Band of Skulls, seguita a mietere consensi ed in questo nuovo lavoro Himalayan mette una carica rock blues in grado di far scordare anche il precedente Sweet Sour che tanto li aveva fatti acclamare nel mondo. Con loro sempre al fianco i spiritelli ispiranti dei Zeppellin e Qotsa con in più – in questo giro – congetture bluastre di marca Sabbathiana/Brmc, quel tanto che basta per “aggredire con paura” ascolti raddoppiati.
Il loro è prettamente rock americano sebbene provengano dalla Terra d’Albione ma tutto questo non ha mai interferito lungo la loro giovane carriera, una veloce evoluzione che li ha portati all’ammirazione generale degli amanti di questo meglio definito garage rock revival, uno stile in questo full-length che sebbene non apporti nulla di nuovo riesce a rimettere in moto un sogno elettrico memorabile, e ballate come Heaven’s key, Cold sweat, o cavalcate del tipo Hoochie Coochie, Nightmare, I feel I like ten men nine dead and one dying sono perfetti e ben oliati ingranaggi.
Il trio di Southampton è in ottima forma, le voci di Mardsen e Emma Richardson si alternano per colorare la tracklist di quelle atmosfere ben proporzionate che sfociano in alchimie e che fanno compagine e “affreschi” per un ascolto interessato quanto preso di gola. Disco della già forse maturità per il triangolo degli BOS, dodici motivi sonori intrecciati da percorrere fino alla fine e col fiato in subbuglio.
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autore: Max Sannella