Some More Crime, Drome, Nonplace Urban Field, Flanger, Nu Dub Players, Nine Horses…, una serie infinita di progetti e collaborazioni che rendono davvero arduo il compito di chi volesse sintetizzare in poche parole la carriera del tedesco Bernd Friedmann (in arte Burnt Friedman), produttore, musicista e padre della label Nonplace. Questa intervista, realizzata in occasione dell’uscita di “Secret Rhythms 2”, ultimo lavoro frutto del legame artistico con l’ex batterista dei Can Jaki Liebezeit, ci aiuta ad individuare i due elementi cardine della visione musicale di Friedman: improvvisazione e ricerca di ritmi segreti.
Sei un produttore infaticabile. Quanti dischi hai realizzato finora? Inizio a perdere il conto….
Non sono neppure in grado di dirtelo… ma non sono davvero così tanti. Attualmente preferisco lavorare con un sacco di musicisti ed è ormai da diverso tempo che un lavoro completo non mi rappresenta più come unico produttore. “Con ritmo” e “Plays love song” dovrebbero essere le ultime due produzioni quasi interamente composte da me solo. E risalgono a più di cinque anni fa.
A cosa stai lavorando in questo momento? …Sono un fan dei Nu Dub Players; devo aspettare ancora molto per un loro nuovo album?
Devi aspettare molto a lungo. Invece, il Jazz-Quartet Root 70 ha suonato i suoi pezzi favoriti di Friedman e Flanger, delle cover-versions se ti piacciono. Hanno suonato anche 3 canzoni da Can’t cool dei Nu Dub Players. Troverai queste tracce strumentali in un disco che uscirà quest’anno su NonPlace.
Ho una domanda per te proprio sull’ultimo disco dei Nu Dub Players “Can’t cool”: nella seconda traccia “Fly your kite”, dopo 10 secondi, credo di aver riconosciuto un campionamento non accreditato (o è solo una citazione?) estratto dall’inizio di “Set me free”, la canzone roots-regga edi H. L. Crosdale… è un’ impressione corretta la mia oppure no?
Non è un campionamento, il cantante Abi Odukoya l’ha composta. Forse ha tratto il testo da lì, così potrebbe essere una citazione (nota: beh, io mi riferivo proprio ad uno scampolo di suono, non alle parole del testo…)
E ora parliamo del tuo nuovo lavoro con Jaki Liebezeit: qual è il significato dell’aggettivo “secret” collegato a “rhythms”? Allude alle nuove prospettive aperte dai trattamenti elettronici? O forse alla possibilità di scoprire stratificazioni nascoste ascolto dopo ascolto?Nessuna delle due. Dall’easy listening all’heavy metal, dal suono di campane della chiesa ai motivi drum’n’bass da club o dalla musica country al raggamuffin, l’andatura fissa della struttura ritmica in quattro-quarti sembra tenere unita la fragile esistenza complessiva. Mi piacerebbe non pensarla così, dato che questo modo di pensare è dovuto ad ignoranza. La battuta 4/4 è ciò che noi chiamiamo un “fearer”, poiché il termine suona come la parola tedesca per “battuta 4/4”. Non ci vuole molto per scoprire che il “fearer” non è tutto. Molte culture originali hanno sviluppato cicli ritmici al centro della loro musica: la Turchia ne ha 9, l’Afghanistan 7, i ritmi africani sono spesso in 3, la musica tradizionale greca ne ha 9, etc. Cerca di comprendere che questo è essenziale alla musica, è la base della musica, l’orientamento primario per musicisti che suonano insieme, e queste possono essere descritte come le leggi universali della musica. Il pubblico occidentale è spesso ignaro di questi grooves inconsueti, questi “ritmi segreti”, eppure esistono. Forse perché la loro mente è dominata dalla simmetria del 4, un ritmo “cristiano” a mio parere, rappresentato anche dalla simmetria della croce. Jaki sta usando un codice binario per annotare tutti i ritmi, due segni sono sufficienti. Questo codice potrebbe potenzialmente funzionare come un linguaggio ritmico universale, sostituendo ridicole notazioni che incorporano innumerevoli segni e note, cosa che non ha senso per i batteristi. Il suo approccio al ritmo è ciclico il che significa che una notazione ritmica binaria è leggibile da ogni punto, di qui la figura ciclica. Non importa dove.
La presenza della canzone “Librarian” di David Sylvian dal progetto Nine Horses sembra tracciare un legame, qualcosa come una comune sensibilità, tra “Snow borne’s sorrow” e “Secret ryhthms 2”…
L’ovvia connessione è il fatto che i miei contributi hanno riguardato i tempi ritmici dispari. Come tali, queste tracce sono state parte della produzione con Jaki, Secret Rhythms 2. Così ho lavorato per più anni su di loro per Secret Rhythms 2. Per esempio, la canzone “The day the earth stole heaven” (nota: in “Snow borne’s sorrow”) è identica rispetto alla traccia numero 1 su Secret Rhythms per quanto riguarda la struttura musicale. Tu potresti facilmente mixare o sovrapporre insieme le due tracce. Aderiranno perfettamente. Questo dimostra come io sono solito lavorare sulla musica. Ogni volta che un nuovo ritmo viene scoperto esso può apparire in differenti versioni e contesti. Un altro esempio: la canzone “Designer groove”, apparsa per la prima volta su “Cant’t cool” (Burnt Friedman and The Nu Dub Players) è apparsa anche come “The day the earth stole heaven” e come traccia 1 (“Sikkerhed”) su Secret Rhythms. Ora vedi un’idea e innumerevoli risultati.
Ho incontrato David Sylvian dopo il suo “Blemish” live show a Colonia, nel 2003. Il suo lavoro solista “Blemish” era stato appena realizzato e mi chiese di creare i remix di due canzoni. Penso che quanto al risultato siano stati entrambi soddisfacenti e le canzoni trasformate in tracce più grezze. Sembra che lui sia stato ispirato da alcuni ritmi insoliti, così non gli ci volle molto a scrivere le liriche per le tracce.
inizia perché viene ripetuta ovunque.
Considero tutto il tuo lavoro produttivo come un’eccellente sintesi tra la tecnica tedesca e quella giamaicana: Kraftwerk da un lato e King Tubby dall’altro…. In quale reale misura queste due culture musicali sono state (e sono tuttora) significative per la tua creatività?
La musica dei Kraftwerk non significa molto per me. E’ una parte importante della storia pop tedesca, per il fatto che con la loro musica hanno creato un’immagine chiara, quella dell’uomo collegato alla macchina, che ora nella storia globale della musica funziona come l’apporto tedesco più significativo, il che è un non senso. Musicalmente non sono stato interessato dai Kraftwerk, ma certo, ho ascoltato gran parte della loro musica fino ad “Electric cafè”, che non era poi così interessante. E ci sono voluti anni per diventare appassionato di musica giamaicana. Solo dieci anni fa sono stato iniziato al dub e al reggae. In realtà, la cosa più significativa per le mie espressioni musicali sono stati gli sviluppi che avvengono nell’arte. Ho studiato belle arti durante gli anni Ottanta e riguardo alla mia carriera musicale non ho alcun background accademico, e le scoperte sul groove e l’armonia le ho fatte da solo, o mentre improvvisavo con gli amici. Quando ho cominciato a fare e registrare musica nel 1978, ho sempre improvvisato. Anche più tardi, come membro di molte collaborazioni abbiamo tentato di inventare motivi dal nulla. Questo significa che, ogni volta che la registrazione veniva fissata, costringevamo noi stessi a prendere la prima come buona, poiché nulla poteva più essere editato. Attualmente, sebbene gli strumenti digitali permettano un perfezionismo ossessivo e sostituiscano l’improvvisazione, raggiungo ancora i migliori risultati attraverso l’improvvisazione. Suppongo che i Kraftwerk abbiano il concetto opposto.
Immagino che anche il jazz sia un altro ingrediente importante della tua formazione musicale: quali sono gli album jazz fondamentali nella tua collezione?
Più o meno jazz,
Alice Coltrane – Journey into Satchidananda
Herbie Hancock – Thrust
Ricordo con piacere la tua performance solista con laptop alla Sala Vanni di Firenze, era il marzo del 2002, e due inviati del nostro magazine hanno scritto ottime cose riguardo al live set di Flanger a Roma, lo scorso 15 ottobre. Quali sono i tuoi ricordi di tali concerti?
Ho un buon ricordo della gentilezza dei promoters e degli organizzatori di quei concerti. La loro compagnia fu eccellente e rappresenta la parte migliore dei miei ricordi. Per quanto riguarda la musica non so mai, durante i concerti e prima tendo ad essere teso e molto critico sulla rappresentazione, e questo stato può talvolta continuare anche dopo una brutta performance. Presentare musica dal vivo richiede un sacco di energia, così dopo uno show tendo ad andare alla ricerca di un angolo tranquillo e non parlo molto.
Gestisci la tua label NonPlace da solo o ti avvali di un piccolo staff? Quanto è importante per te visionare tutti gli aspetti della tua musica dall’inizio alla fine?
Gestisco l’etichetta da solo, ma ho un partner che si occupa dell’intera produzione di vinili e cd. E certo, posso citare tutti distributori che si prendono cura dei prodotti NonPlace in tutte le parti del mondo.
Quali sono i tuoi hobbies durante il tempo libero? …Hai del tempo libero, vero?
Dedico molto tempo al rilassamento, faccio regolarmente esercizi chi kung e pratico sports per tenere la mente e il corpo in forma.
Autore: Guido Gambacorta
www.nonplace.de